Scrittori sardi fenomeni inquieti

da: Sardegna24
Sardegna24
1 luglio 2011

 

Il primo punto è che ogni volta giuro di non farlo e il secondo è che ogni volta disattendo al mio giuramento. Sto parlando di smettere di trattare la Sardegna come un caso a parte, e, di conseguenza, finire per farlo proprio in virtù di questo diktat. Che la Sardegna sia un’isola lo dice la geografia e che sia piuttosto distante dal Continente anche. Almeno dal punto di vista logistico non ci sono dubbi in merito. Che la Sardegna sia un’isola letterariamente parlando è più difficile da dimostrare. Non perché non ci sia uno specifico sardo nel mercato editoriale attuale, ma perché bisognerebbe stabilire fino a che punto non si tratti piuttosto di un fenomeno eterodiretto.

Ma partiamo dal principio: saranno cinque anni circa che nelle librerie italiane ha fatto notare massicciamente la sua presenza un drappello molto agguerrito di autori sardi. Qualcuno ha immediatamente gridato al miracolo; i più politicizzati hanno attribuito questo fenomeno alla crescita di autostima delle patrie lettere, per patrie si intenda sarde, grazie al quadriennio soriano; i più informati hanno indicato come punto di partenza la crescita dell’editoria locale, specialmente l’exploit glocal della casa editrice il Maestrale di Nuoro, a cui si sono affiancate esperienze similari come Aisara e Arkadia; altri, più cautamente, l’hanno rubricato come una moda passeggera; altri infine, hanno pensato di storicizzarlo in fieri constatando che quanto oggi è evidente ha covato sotto la cenere per qualche decennio. Tutte posizioni accettabili, che spaziando dalla felicità all’invidia, dalla seriosità al sarcasmo, evidenziano comunque quanto questo fenomeno sia diventato ormai numericamente, e per buona parte anche qualitativamente, ponderante. Non c’è casa editrice che non voglia il suo autore sardo in catalogo. Come sempre accade, dei fenomeni si tende a discutere la superficie prima che la sostanza cosicché, colte alla sprovvista, le accademie locali hanno preferito per anni limitare il fenomeno della scrittura sarda, o della scrittura in Sardegna – il distinguo ha un senso profondo –, ad un fuoco di paglia generato da occhiuti “intellettuali” troppo continentalizzati, ma destinato a spegnersi immediatamente. Noi abbiamo generato, è bene ricordarlo sempre, una classe di accademici che, a parte rare eccezioni, ha ritenuto il Nobel alla Deledda una fortunatissima, quanto immeritata, congiuntura. E questo perché si pensava, e in molti corridoi universitari sardi si pensa ancora, che una scrittura dalla Sardegna al Mondo fosse una possibilità altamente improbabile. E’ vero che storicamente dall’interno dell’Isola si è prestato il destro a chi concepiva una letteratura di imitazione piuttosto che un prodotto autoctono, ma è anche vero che in letteratura è sempre piuttosto ardito riuscire a parlare di autonomia. Per fortuna quando si fa questo mestiere si dipende da qualcuno che dipende a sua volta da qualche altro. Cosicché risulta spesso più provinciale cercare di smarcarsi dall’ovvia colleganza che lega i partecipanti alla tavola della scrittura piuttosto ammetterne l’ineluttabilità. Altra cosa è dare un ambito e un genere alla scrittura contemporanea in Sardegna. E’ scrittura internazionale? E’ noir? La risposta ad entrambe le domande è tendenzialmente sì. E’ internazionale, come abbiamo detto, nell’accezione di non subire il complesso del figlio cadetto che deve sempre giustificare le sue azioni; è noir nell’accezione più tecnica del termine, e cioè in quanto scrittura di inquietudine, dove il dictat è “affascinare, tenere desta l’attenzione e avere qualcosa da dire” esattamente come accadeva ai poeti e raccontatori estemporanei da cui molti di noi, scrittori e sardi, provengono. A differenza di quanto la vulgata trasmetta, anche la capostipite Deledda, madre della forma romanzo in Sardegna, volontariamente, se non programmaticamente, profuse dosi massicce di letteratura di genere nei suoi romanzi, fino a sfiorare, se non ad abitare il feuilleton. Ma è nel contemporaneo che la saldatura tra l’analisi antropologica e la scrittura cosiddetta di genere trova un esito affatto noir in Sardegna. Le caratteristiche ci sono tutte: si fa parte di un’isola, quindi di un microcosmo di sopravvivenze, e ci si è formati ascoltando le narrazioni di epiche sanguinarie. Si consiste cioè in quel bilico tra ponderabile e imponderabile che se non permette il positivismo catartico del genere giallo enigmistico, quello che Camilleri ha più volte definito pudicamente sciarada; tuttavia permette di raccontare vicende dove la domanda principale non è tanto CHI E’ STATO? bensì: PERCHE’ L’HA FATTO? Ogni letteratura cresce in base alla particolare chimica territorio in cui si sviluppa e dell’immaginario che lo nutre.

Marcello Fois


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