La disabilità vista dai bambini

da: La Pelle
La Pelle
15 aprile 2011

La disabilità vista dai bambini

 

Il 2010 non e’ stato un anno facile per chi e’ affetto da una disabilita’ mentale o fisica, neanche per tutti quelli che sono accanto a loro. C’e’ stato bisogno di lottare, di scendere in piazza per dimostrare che non si parla di numeri, di percentuali, ma di persone. Persone che mi piace ricordare parafrasando il titolo di un romanzo scritto tempo fa a quattro mani e due cuori da Andrea Cossu e Bruno Furcas: ”Diversamente come te”. Perche’, nonostante se ne parli da decenni, lo stato di allarme di fronte alla diversita’, alla malattia non e’ connaturato all’essere umano. Il bambino, per esempio, accetta la diversita’ perche’ non rappresenta un pericolo per la sua identita’. La paura del diverso insorge nell’adolescenza: e’ una costruzione culturale, oggi rafforzata come non mai da una serie di modelli di efficienza e perfezione che giornali, radio e televisione ci trasmettono costantemente. I pochi rappresentanti al Governo, affetti da una qualche disabilita’, sono sempre relegati al margine del grande circo mediatico. Paradossale il caso di una deputata impossibilitata a presiedere a un incontro politico del suo stesso partito a causa della presenza di barriere architettoniche: ne hanno parlato un giorno i giornali e poi nulla. E’ fin troppo chiaro che sarebbe giunto il momento di avvicinarsi al mondo della disabilita’, senza che si percepisca un pericolo di contaminazione: non ci si ammala, ne’ si rischia il peggio! Ma la cosa non e’ facile e se c’e’ ancora una speranza per una nuova cultura della disabilita’, essa deve partire in punta di piedi proprio dal mondo dei bambini, dalle scuole, perche’ il mondo dell’infanzia non ha avuto ancora il tempo di essere infettato dal virus della segregazione sociale e culturale. Oggi nelle nostre scuole, rispetto ad un passato non troppo lontano, vediamo i ragazzi condividere la quotidianita’ scolastica assieme a compagni disabili. Li abbracciano e li coccolano senza difficolta’. Molti scrittori che raccontano storie sulla disabilita’ stanno presentando i loro libri ai ragazzi delle scuole elementari e medie, grazie anche alla sensibilita’ di dirigenti particolarmente illuminati. Il risultato e’ sconcertante, al di la’ di ogni previsione. I ragazzi si trovano ad ammirare la determinazione con la quale le persone con disabilita’ riescono spesso a raggiungere cio’ che si eraro preposti; molti rimangono affascinati dalla tecnologia che consente una vita autonoma. La domotica rimane ancora qualcosa di fantascientifico o, per quelli della mia eta’, un ricordo di certi cartoni animati dell’infanzia (i mitici ”Pronipoti”). Ma permettemi di spendere alcune parole su Andrea Cossu, il quale e’ affetto dalla nascita da una forma molto grave di tetraparesi spastica. Bruno Furcas e’ il suo educatore e dopo tanti anni a stretto contatto, hanno pubblicato due libri insieme. Bruno ha conosciuto Andrea nel giugno del 2003, quando gli fu chiesta una collaborazione e la disponibilita’ a intraprendere un percorso educativo con un ragazzo affetto da una grave forma tetraparesi spastica. Sino a quel momento, avendo operato per piu’ di dieci anni con ragazzi adolescenti problematici, Bruno sapeva poco di situazioni piu’ specifiche quali la tetraparesi. Sin dal primo momento, Andrea si e’ presento’ con modi simpatici e vivaci, ma inizialmente il rapporto non si rivelo’ facile. Bruno faticava a capirlo perche’ il suo parlare era stentato e impreciso nella fonetica, percio’ doveva spesso invitarlo a ripetere le frasi per poterne decifrare il contenuto. Questo gli creava un certo imbarazzo, ma Andrea stesso lo tranquillizzo’ dicendogli. ”Non ti preoccupare, non fa niente: ci sono abituato. Sto peggio invece quando fanno finta di capirmi”. Questa frase gli rimase profondamente impressa ed e’ a fondamento della nascita del loro rapporto. Una cosa che apparve subito chiara, la determinazione di Andrea a non contare sugli altri per progettare il suo ”essere”, il suo futuro. Aveva solo bisogno di persone che lo sostenessero nel percorso, in quanto il suo progetto lo aveva gia’ chiaramente delineato nella mente e consisteva nel sogno in un cassetto: scrivere il libro della sua vita. Bruno oggi dice che un grande pregio di Andrea e’ l’essere fiero, il voler essere uguale e diverso dagli altri, avere la stessa dignita’ e il rispetto riservato a qualsiasi altro individuo. Anche con qualche pigrizia nel portare avanti determinate cose che invece sarebbero importanti per una sua maggiore autonomia personale. Bruno si e’ cosi’ accorto che in certi momenti Andrea non sopporta la fretta, la frenesia, l’inquietudine, mentre ammira invece la tenacia nel fargli perseguire determinati obiettivi e la caparbieta’ nello scontrarsi con persone e istituzioni per ottenere cio’ che gli spetta. I due, col tempo, si sono ”educati” a vicenda sulla disabilita’ e il loro rapporto, paradossalmente, e’ cresciuto sul do ut des. Uno offriva la spinta verso l’autonomia e l’altro, attraverso il libro, ha condotto il suo nuovo amico a conoscere il mondo della disabilita’ nei suoi aspetti positivi e negativi. Insieme hanno cosi’ sperimentato il pietismo, la commiserazione e l’esclusione sociale: tutte cose che giungono come un pugno nello stomaco. Oggi, Bruno, grazie ad Andrea, lavora solo ed esclusivamente con ragazzi disabili. ”La favola di Duck” e’ il loro ultimo libro. Andrea racconta la sua storia per offrirla generosamente agli altri e mostrare i diversi aspetti dell’essere disabile anche a un pubblico piu’ giovane. Il desiderio e’ che ogni bambino possa leggere questa fiaba per imparare il rispetto verso il prossimo, per essere educati a convivere anche con cio’ che non e’ bello, al contrario dei messaggi edonistici continuamente propinati dalla cultura dominante. Se gli adulti vedono il disabile non come una risorsa ma come un peso per la societa’, per i bambini puo’ essere solo un amico, diversamente come loro.

Gabriella La Rovere


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