Diversamente come te… intervista del Corriere dell’Umbria a Bruno Furcas
Corriere dell’Umbria
27 dicembre 2010
Quest’anno volge al termine e sono d’obbligo le valutazioni. Non è stato facile per chi è affetto da una disabilità mentale o fisica, neanche per tutti quelli che sono accanto a loro.
C’è stato bisogno di lottare, di scendere in piazza per dimostrare che non si parla di numeri, di percentuali, ma di persone, diversamente come noi, parafrasando il titolo di un romanzo del 2009, scritto a quattro mani e due cuori da Andrea Cossu e Bruno Furcas.
Lo stato di allarme di fronte alla diversità, alla malattia non è connaturato. Il bambino accetta la diversità perché non rappresenta un pericolo per la sua identità. La paura del diverso insorge nell’adolescenza: è una costruzione culturale, oggi rafforzata come non mai da una serie di modelli di efficienza e perfezione che giornali, radio e televisione ci trasmettono costantemente.
I pochi rappresentanti al Governo, affetti da una qualche disabilità, sono sempre relegati al margine del grande circo mediatico. Paradossale il caso di una deputata impossibilitata a presiedere ad un incontro politico del suo stesso partito per la presenza di barriere architettoniche. Detto questo, è chiaro che occorre fare un grande lavoro di avvicinamento delle persone al mondo della disabilità, tenendoli per mano per rassicurarli dell’assoluta assenza di pericolo di contaminazione: non ci si ammala, né si rischia il peggio!
La nuova cultura della disabilità parte in punta di piedi proprio dalle scuole, perché il mondo dell’infanzia non ha avuto ancora il tempo di essere infettato dal virus della segregazione sociale e culturale.
Molti scrittori stanno presentando i loro libri ai ragazzi delle scuole elementari e medie, grazie anche alla sensibilità di dirigenti particolarmente illuminati.
Il risultato è sconcertante, al di là di ogni previsione. I ragazzi si trovano ad ammirare la determinazione con la quale la persona con disabilità ha raggiunto ciò che si era preposto; molti rimangono affascinati dalla tecnologia che consente una vita autonoma. La domotica rimane ancora qualcosa di fantascientifico o, per quelli della mia età, un ricordo di certi cartoni animati dell’infanzia (i mitici “Pronipoti”)
Andrea Cossu è affetto dalla nascita da una forma molto grave di tetraparesi spastica, Bruno è il suo educatore. Dopo tanti anni a stretto contatto e due libri pubblicati insieme, Bruno è il suo più fidato portavoce.
Come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti nel giugno del 2003, quando mi era stata chiesta una collaborazione nell’ambito della Legge Regionale 162, una legge tutta sarda che disciplina gli interventi specialistici a favore di portatori di handicap. Mi si chiedeva la disponibilità ad intraprendere un percorso educativo con un ragazzo affetto da una grave forma tetraparesi spastica. Sino a quel momento, avendo operato per più di dieci anni con ragazzi adolescenti problematici, sapevo poco di situazioni più specifiche quali la tetraparesi
Il vostro rapporto di amicizia è stato facile da subito o è cresciuto nel tempo?
Sin dal primo momento, Andrea si è presentato come un ragazzo simpatico e vivace, dallo sguardo profondo. Inizialmente il rapporto non è stato facile. Faticavo a capirlo perchè il suo parlare era stentato ed impreciso nella fonetica. Perciò dovevo spesso invitarlo a ripetere le frasi per poterne decifrare il contenuto. Questo mi creava un certo imbarazzo, ma lui stesso mi tranquillizzò dicendomi. “Non ti preoccupare, non fa niente: ci sono abituato. Sto peggio invece quando fanno finta di capirmi”.
Questa frase mi è rimasta profondamente impressa ed è a fondamento del mio rapporto con Andrea.
Che cosa ammirate ed anche non sopportate l’uno dell’altro?
Una cosa che mi apparve subito chiara in Andrea fu la determinazione. Questo aspetto del suo carattere mi piacque tanto. Andrea mi dimostrò che non aveva bisogno di persone per progettare il suo “essere”, il suo futuro, ma di persone che lo sostenessero nel percorso, in quanto il suo progetto lo aveva già chiaramente delineato nella mente. Da subito, infatti mi spiegò che aveva un sogno nel cassetto: quello di scrivere il libro della sua vita. Mi chiese, quindi, semplicemente un sostegno per realizzare questo suo progetto.
Un grande pregio di Andrea è l’essere fiero, il voler essere uguale e diverso dagli altri, avere la stessa dignità e il rispetto riservato a qualsiasi altro individuo.
Paradossalmente mi irrita la sua pigrizia nel portare avanti determinate cose che invece sarebbero importanti per una sua maggiore autonomia personale.
Andrea di me accetta tutto, perché mi vede come un mentore, ma mi accorgo che in certi momenti non sopporta la mia fretta, la mia frenesia, la mia inquietudine. Ammira la tenacia nel fargli perseguire determinati obbiettivi e la caparbietà nello scontrarmi con persone e istituzioni per ottenere ciò che gli spetta.
Con Andrea ho iniziato ad occuparmi di disabilità. Ci siamo “educati” a vicenda. Il nostro rapporto è stato caratterizzato dal do ut des. Io gli ho offerto la spinta verso l’autonomia e lui, attraverso il lungo lavoro di stesura del libro, mi ha fatto conoscere il mondo della disabilità nei suoi aspetti positivi e negativi. Ho avuto modo di sperimentare assieme a lui il pietismo, la commiserazione e l’esclusione sociale. Tutte cose che giungono come un pugno nello stomaco. Oggi, grazie ad Andrea, lavoro solo ed esclusivamente con ragazzi disabili.
La nostra società sta rovinosamente andando verso la catastrofe sociale. Cosa bisogna fare? Da dove è necessario partire per costruire qualcosa?
“La favola di Duck” è il nostro ultimo libro. Andrea racconta la sua storia per offrirla generosamente agli altri e mostrare i diversi aspetti dell’essere disabile. Abbiamo voluto rendere fruibile anche ad un pubblico più giovane il contesto ed il messaggio insito nel precedente libro “Diversamente come te”. Il nostro desiderio è che ogni bambino possa leggere questa fiaba per imparare il rispetto verso il prossimo, per essere educati a convivere anche con ciò che non è bello, al contrario dei messaggi edonistici continuamente propinati dalla falsa e bassa cultura predominante. I bambini sono il futuro e solo attraverso loro si può avere un mondo migliore. Oggi nelle nostre scuole, rispetto ad un passato non troppo lontano, vediamo i bambini e i ragazzi condividere la quotidianità scolastica assieme ai compagni disabili. Li abbracciano e li coccolano senza difficoltà E’ vero però che ultimamente si stanno evidenziando dei segni di regressione. La responsabilità non è certo da addebitare alle nuove generazioni ma a politiche “criminali” di adulti che vedono il disabile non come una risorsa ma come un peso per la società. Questo atteggiamento ci può portare verso la rupe come lo era stato tristemente per gli spartani che non potevano essere destinati alla carriera militare.
Oggi per fortuna incontrare un disabile per strada fortunatamente non rappresenta più un evento inconsueto. E speriamo che lo sia ancora per molto tempo.
Un desiderio inconfessato
Andrea nutre un grande desiderio: instaurare un rapporto affettivo sincero con una ragazza. Ha molto chiaro il suo tipo di donna, quella che desidererebbe avere al suo fianco per condividere esperienze e emozioni.
Il mio desiderio è proprio quello di vedere realizzato il suo sogno.
Gabriella La Rovere
Corriere dell’Umbria
27 dicembre 2010
Quest’anno volge al termine e sono d’obbligo le valutazioni. Non è stato facile per chi è affetto da una disabilità mentale o fisica, neanche per tutti quelli che sono accanto a loro.
C’è stato bisogno di lottare, di scendere in piazza per dimostrare che non si parla di numeri, di percentuali, ma di persone, diversamente come noi, parafrasando il titolo di un romanzo del 2009, scritto a quattro mani e due cuori da Andrea Cossu e Bruno Furcas.
Lo stato di allarme di fronte alla diversità, alla malattia non è connaturato. Il bambino accetta la diversità perché non rappresenta un pericolo per la sua identità. La paura del diverso insorge nell’adolescenza: è una costruzione culturale, oggi rafforzata come non mai da una serie di modelli di efficienza e perfezione che giornali, radio e televisione ci trasmettono costantemente.
I pochi rappresentanti al Governo, affetti da una qualche disabilità, sono sempre relegati al margine del grande circo mediatico. Paradossale il caso di una deputata impossibilitata a presiedere ad un incontro politico del suo stesso partito per la presenza di barriere architettoniche. Detto questo, è chiaro che occorre fare un grande lavoro di avvicinamento delle persone al mondo della disabilità, tenendoli per mano per rassicurarli dell’assoluta assenza di pericolo di contaminazione: non ci si ammala, né si rischia il peggio!
La nuova cultura della disabilità parte in punta di piedi proprio dalle scuole, perché il mondo dell’infanzia non ha avuto ancora il tempo di essere infettato dal virus della segregazione sociale e culturale.
Molti scrittori stanno presentando i loro libri ai ragazzi delle scuole elementari e medie, grazie anche alla sensibilità di dirigenti particolarmente illuminati.
Il risultato è sconcertante, al di là di ogni previsione. I ragazzi si trovano ad ammirare la determinazione con la quale la persona con disabilità ha raggiunto ciò che si era preposto; molti rimangono affascinati dalla tecnologia che consente una vita autonoma. La domotica rimane ancora qualcosa di fantascientifico o, per quelli della mia età, un ricordo di certi cartoni animati dell’infanzia (i mitici “Pronipoti”)
Andrea Cossu è affetto dalla nascita da una forma molto grave di tetraparesi spastica, Bruno è il suo educatore. Dopo tanti anni a stretto contatto e due libri pubblicati insieme, Bruno è il suo più fidato portavoce.
Come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti nel giugno del 2003, quando mi era stata chiesta una collaborazione nell’ambito della Legge Regionale 162, una legge tutta sarda che disciplina gli interventi specialistici a favore di portatori di handicap. Mi si chiedeva la disponibilità ad intraprendere un percorso educativo con un ragazzo affetto da una grave forma tetraparesi spastica. Sino a quel momento, avendo operato per più di dieci anni con ragazzi adolescenti problematici, sapevo poco di situazioni più specifiche quali la tetraparesi
Il vostro rapporto di amicizia è stato facile da subito o è cresciuto nel tempo?
Sin dal primo momento, Andrea si è presentato come un ragazzo simpatico e vivace, dallo sguardo profondo. Inizialmente il rapporto non è stato facile. Faticavo a capirlo perchè il suo parlare era stentato ed impreciso nella fonetica. Perciò dovevo spesso invitarlo a ripetere le frasi per poterne decifrare il contenuto. Questo mi creava un certo imbarazzo, ma lui stesso mi tranquillizzò dicendomi. “Non ti preoccupare, non fa niente: ci sono abituato. Sto peggio invece quando fanno finta di capirmi”.
Questa frase mi è rimasta profondamente impressa ed è a fondamento del mio rapporto con Andrea.
Che cosa ammirate ed anche non sopportate l’uno dell’altro?
Una cosa che mi apparve subito chiara in Andrea fu la determinazione. Questo aspetto del suo carattere mi piacque tanto. Andrea mi dimostrò che non aveva bisogno di persone per progettare il suo “essere”, il suo futuro, ma di persone che lo sostenessero nel percorso, in quanto il suo progetto lo aveva già chiaramente delineato nella mente. Da subito, infatti mi spiegò che aveva un sogno nel cassetto: quello di scrivere il libro della sua vita. Mi chiese, quindi, semplicemente un sostegno per realizzare questo suo progetto.
Un grande pregio di Andrea è l’essere fiero, il voler essere uguale e diverso dagli altri, avere la stessa dignità e il rispetto riservato a qualsiasi altro individuo.
Paradossalmente mi irrita la sua pigrizia nel portare avanti determinate cose che invece sarebbero importanti per una sua maggiore autonomia personale.
Andrea di me accetta tutto, perché mi vede come un mentore, ma mi accorgo che in certi momenti non sopporta la mia fretta, la mia frenesia, la mia inquietudine. Ammira la tenacia nel fargli perseguire determinati obbiettivi e la caparbietà nello scontrarmi con persone e istituzioni per ottenere ciò che gli spetta.
Con Andrea ho iniziato ad occuparmi di disabilità. Ci siamo “educati” a vicenda. Il nostro rapporto è stato caratterizzato dal do ut des. Io gli ho offerto la spinta verso l’autonomia e lui, attraverso il lungo lavoro di stesura del libro, mi ha fatto conoscere il mondo della disabilità nei suoi aspetti positivi e negativi. Ho avuto modo di sperimentare assieme a lui il pietismo, la commiserazione e l’esclusione sociale. Tutte cose che giungono come un pugno nello stomaco. Oggi, grazie ad Andrea, lavoro solo ed esclusivamente con ragazzi disabili.
La nostra società sta rovinosamente andando verso la catastrofe sociale. Cosa bisogna fare? Da dove è necessario partire per costruire qualcosa?
“La favola di Duck” è il nostro ultimo libro. Andrea racconta la sua storia per offrirla generosamente agli altri e mostrare i diversi aspetti dell’essere disabile. Abbiamo voluto rendere fruibile anche ad un pubblico più giovane il contesto ed il messaggio insito nel precedente libro “Diversamente come te”. Il nostro desiderio è che ogni bambino possa leggere questa fiaba per imparare il rispetto verso il prossimo, per essere educati a convivere anche con ciò che non è bello, al contrario dei messaggi edonistici continuamente propinati dalla falsa e bassa cultura predominante. I bambini sono il futuro e solo attraverso loro si può avere un mondo migliore. Oggi nelle nostre scuole, rispetto ad un passato non troppo lontano, vediamo i bambini e i ragazzi condividere la quotidianità scolastica assieme ai compagni disabili. Li abbracciano e li coccolano senza difficoltà E’ vero però che ultimamente si stanno evidenziando dei segni di regressione. La responsabilità non è certo da addebitare alle nuove generazioni ma a politiche “criminali” di adulti che vedono il disabile non come una risorsa ma come un peso per la società. Questo atteggiamento ci può portare verso la rupe come lo era stato tristemente per gli spartani che non potevano essere destinati alla carriera militare.
Oggi per fortuna incontrare un disabile per strada fortunatamente non rappresenta più un evento inconsueto. E speriamo che lo sia ancora per molto tempo.
Un desiderio inconfessato
Andrea nutre un grande desiderio: instaurare un rapporto affettivo sincero con una ragazza. Ha molto chiaro il suo tipo di donna, quella che desidererebbe avere al suo fianco per condividere esperienze e emozioni.
Il mio desiderio è proprio quello di vedere realizzato il suo sogno.
Gabriella La Rovere