“La laguna del disincanto” su Il Mattino
Massimiliano Scudeletti torna in libreria con “La laguna del disincanto” per la sua quadrilogia del male
Generi diversi ma un solo protagonista: “La laguna del disincanto” (Arkadia) è il terzo romanzo di Massimiliano Scudeletti della “quadrilogia del male” che ruota intorno al personaggio di Alessandro Onofri, esplorato attraverso diverse epoche e storie – già nel giallo “Little China girl” (Betti Editrice) e nel romanzo di formazione “La laguna dei sogni sbagliati” (Arkadia). Onofri è un reporter di guerra disilluso e segnato da un passato lontano, quasi dimenticato, che ritornerà a galla quando un’amica gli mostrerà un inquietante filmato in cui il figlio intimorisce il fratello mimando un rituale macabro. Così, il male, centrale in tutti i libri dell’autore, qui ritorna attraverso un nuovo mostro: la rete. La laguna diventa un luogo pieno di ombre, in cui l’oscurità può trovare rifugio se non anche nutrimento.
Perché una “quadrilogia del male”?
«Mi piaceva mettere al centro un solo protagonista per sperimentare diversi generi letterari, la lingua italiana dà spazio alla sperimentazione e dunque è bene sfruttarla. Se il romanzo precedente era di formazione, questo è tutt’altra cosa: si tratta di un thriller noir. Ho scelto di raccontare il male in ogni sua sfaccettatura, perché lo reputo un argomento allo stesso tempo affascinante ed inquietante, capace di suscitare diversi interrogativi, tra tutti: “L’uomo cova in sé così tanti mali, è davvero necessario anche un male esterno?”. Cerco di andare controcorrente: oggi troviamo molti libri simili accomunati dallo stesso genere e dallo stesso protagonista, che seguono l’affezione del lettore al protagonista e al tipo di storia. Io cerco di ribaltare il sistema, proponendo contesti sempre diversi e trasformando il mio personaggio ad ogni libro, nonostante conservi sempre lo stesso nome e cognome».
Cosa aspettarsi da questo terzo romanzo della saga?
«Nel penultimo Alessandro era un bambino degli anni ’90, mentre in questo libro, ambientato nei giorni nostri, il protagonista è un adulto, che si ritrova ad affrontare le stesse paure dell’infanzia. Il parallelismo tra le due epoche porta a una riflessione lampante: se prima si fronteggiavano certe paure con speranza, oggi siamo talmente abituati alle guerre e allo sfruttamento dei giovani che guardiamo al futuro già sconfitti».
Per la sua storia si è ispirato a fatti di cronaca reali?
«Sì: in questo mondo disincantato tra le poche cose intoccabili rimaste ci sono i bambini. In Occidente abbiamo un forte timore per i nostri figli e questa, a mio avviso, è l’unica paura che continua a paralizzarci. Sono intoccabili e inviolabili, a differenza dei bambini di Gaza che ci esplodono davanti agli occhi senza suscitarci alcuna reazione. Mentre all’ora di cena al telegiornale sfilano raccapriccianti immagini di guerra, noi riusciamo a continuare serenamente a mangiare, ma se ci toccano i nostri piccoli, il mondo si ferma. Ritengo che questo sia il vero orrore, il vero male: differenziare l’innocenza, l’insensibilità verso la morte. Non ho bisogno di raccontare di satanisti per evocare il male, perché il nostro tempo mette già terrore».
Ma Alessandro Onofri, alla fine, chi è?
«Ha attraversato diverse trasformazioni attraverso i tre libri, negli anni ‘90 è un bambino timoroso, nel terzo millennio sta scoprendo la sua evoluzione interiore, ed oggi è un uomo adulto segnato e disilluso dalle brutture del nostro tempo».
Alessandra Farro
Il link all’intervista su Il Mattino: https://tinyurl.com/3rdc5uyy