“La laguna del disincanto” su Letteratitudine
LA LAGUNA DEL DISINCANTO di Massimiliano Scudeletti (Arkadia)
“La laguna del disincanto” di Massimiliano Scudeletti (Arkadia): incontro con l’autore e un brano estratto dal libro
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Massimiliano Scudeletti nasce e vive a Firenze. Dopo gli studi si dedica alla realizzazione di documentari e spot televisivi, prima come sceneggiatore, poi come regista. Nel 2018 pubblica il suo primo romanzo.
Con Arkadia Editore ha pubblicato il fortunato romanzo La laguna dei sogni sbagliati (2022) e il recente La laguna del disincanto (2024).
Abbiamo chiesto a Massimiliano Scudeletti di raccontarci qualcosa su La laguna del disincanto…
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«Guardando dall’alto la galleria di un centro commerciale mi sembrò che la folla in quel non-luogo sciamasse verso una mecca del disincanto», ha detto Massimiliano Scudeletti a Letteratitudine. «Avevo trovato il titolo del mio romanzo.
Mi ero spesso chiesto che fine avesse fatto il ragazzino che si era immerso ne “La laguna dei sogni sbagliati” alla fine degli anni ’90. Il romanzo precedente finiva con: “Quella storia era servita. Ora poteva sparire, tornare nell’attrazione gravitazionale del buco nero della memoria da cui proveniva. Non era bello pensarla così?”.
Già in quella citazione da “The Sun Also Rises” – era una vita che la volevo usare – che rimetteva in gioco quel lieto fine, c’era la premonizione di questo nuovo romanzo. Non lo considero un sequel, quanto la recidiva del mio protagonista nelle sue paure, nelle sue ossessioni e, perché no? Nel suo desiderio di sfuggire al quotidiano.
«Il mondo ha perso l’incanto.» Questo sembra mormorare Alessandro Onofri, che oggi è un reporter di guerra disilluso, consapevole che prima o poi dovrà pagare pegno per il sangue visto, sempre in procinto di velargli gli occhi e la mente. Eppure, non riesce a resistere al grido d’aiuto di una amica preoccupata per i comportamenti anomali dei figli: il più grande mima un’inquietante lezione scolastica terrorizzando il fratellino.
Il confronto tra ieri e oggi è impietoso. La profezia della zia/Ipatia, sua palina – il palo della Laguna cui si legano le imbarcazioni- si è avverata: guerre, inquinamento e ingiustizie dilagano, più che in passato, ma questa volta è solo: non ci sono libri o amici di allora a coprirgli le spalle. I ruoli si sono invertiti e oggi è compito suo difendere i bambini traumatizzati le cui immagini circolano del Dark Web, la parte di Internet più nascosta, dove forse antiche credenze hanno trovato nuova linfa e collocazione.
Volevo che la concentrazione dei metalli pesanti della memoria di Alessandro si facesse morbo, gli svelasse sincronismi che altri non potevano notare. Una caduta a spirale verso una nera stella gigante che fosse un viaggio nelle tenebre. “Cuore di tenebra” ancora una volta? Certo, perché il paragone tra il mondo del Dark Web e l’Africa coloniale funzionava talmente da stupire me per primo.
Tra città simbolo, Firenze, Venezia e Bologna spesso ridotte a scenografie teatrali, dietro le cui quinte si aprono le stanze nascoste degli attrezzisti, si celano luoghi inesplorati schiacciati dalla bellezza monumentale. Angoli sconosciuti ma vivi che non si spengono assieme alle luci della ribalta.
Volevo con me il lettore in una soglia tra magia e stregoneria capitalista, tra modernità e complottismi alla QAnnon in un feudalesimo gerontocratico che tutto toglie ai giovani.
Con la determinazione, quella dell’ago al nord, a vivere una avventura, una narrazione, come l’unico modo di recuperare l’incanto.»
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Un brano estratto da “La laguna del disincanto” di Massimiliano Scudeletti (Arkadia, 2024)
Stai precipitando sempre più nelle tue paranoie», commentò Alessandro stupito dal tono isterico di Cheng.
«Se sei al cellulare, attacco immediatamente.»
«No, ho fatto come hai scritto, sono alla stazione di Bologna.» Alessandro inspirò la ventata di caffè e brioches che arrivava dal punto ristoro accanto ai tre telefoni che stavano per essere smantellati.
«Sono al corrente di quasi tutto e non mi farò bruciare per colpa tua: in rete c’è un silenzio assordante e questo è un segno di allerta massima. Ho letto i file che hai mandato per corriere da mia zia. Scelta assennata.»
«Mi hai fatto diventare come te. Cosa ne pensi?»
«Credo a una sola identità. Lui è il mago nero, Khan Sigu, il Mopa, lo sciamano mongolo, un genio informatico formato militarmente. Usa con i suoi la stessa disciplina di una squadra speciale, non sembra coerente con la figura all’hacker leggendario, ma manipolare le persone fino a fargli fare cose altamente rischiose è una caratteristica tipica dei militari. Se crediamo alla congolese, lui è quello che ha formato i vari insegnanti, i cavalli di Troia, che hanno fatto partire tutto. Mi torna, gli ha insegnato le tecniche di social engineering degli hacker: fingersi simili alle persone che intendono sfruttare fino a padroneggiarne le debolezze.»
«Ma perché hanno scelto Internet come palcoscenico? Non potevano fare le loro cose in clandestinità come tutti gli altri trafficanti?», fece Ale.
«Internet è come l’Africa di due secoli fa. Hai presente, no? L’avidità spinge algidi anglosassoni a colonizzarla sempre più nel profondo, sfruttando dotati indiani, servizievoli asiatici e slavi senza scrupoli, tutti comprati a prezzo di saldo. C’è la moneta del regno al posto delle perline e degli specchi; una casta apolide di marinai o bucanieri, ufficiali e schiavisti e, tra questi, colui che cerchiamo. Inoltre è abitata da popolazioni egoiste e in conflitto tra loro, pronte a offrire vicini, amici, figli e figlie e madri per una manciata di denaro. Sigu offre ciò che nessun altro ha e in quantità maggiore, seduto com’è su di un ramo morto del sistema evolutivo. Davanti a lui tremano servi, nemici e padroni: lui è la frusta e il fiaccheraio contemporaneamente. C’è un collegamento diretto tra lui e l’ultimo utente che circola per il lato oscuro della rete: lo avverte chiunque, anche chi è estraneo a questo mondo, e rabbrividisce. È il Gran Khan perché oggi, più dell’avorio e dell’oro, si cercano le emozioni, e lui è quello che ne procura più di tutti. Anche tu ne sei attirato, vero? Vorresti andare dove finisce lo schermo, a monte delle cascate dei cavi che si collegano ai server, alla fonte dei bytes dove ancora si sentono gli odori.»
Che tutti lo vedessero come un missile teleguidato verso l’oscurità era una cosa che lo faceva imbestialire, ma Alessandro non rispose e cambiò discorso.
«E tutta questa storia dei demoni?»
«Io vengo da un paese estremamente superstizioso e materialista al tempo stesso: a mio parere la cosa è molto secondaria, ma sai che non me ne intendo. Vedo uomini mascherati che agiscono come macellai folli, e basta. Credo che ci possa essere qualche altro interesse sotto, magari una schedatura dei gusti perversi degli utenti, ma sono discorsi rischiosi perché diversi ricattatori si sono accorti troppo tardi che colui che ricattavano era molto più cattivo di loro. Un momento… cazzo! Qualcuno mi sta tracciando. Abbassa! Abbassa!»
(Riproduzione riservata)
© Arkadia Editore
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La scheda del libro: “La laguna del disincanto” di Massimiliano Scudeletti (Arkadia, 2024)
Alessandro Onofri è un reporter stanco di guerra, quasi dimentico della propria infanzia tra Venezia e il petrolchimico di Porto Marghera, dove è rimasto invischiato in una brutta storia tra sette e delinquenti comuni, ma quando un’amica disperata gli mostra il filmato del figlio che terrorizza il fratello mimando una lezione di scuola dai macabri rituali, non si tira indietro. Scoprirà che altri bambini della stessa scuola presentano gravi traumi. Le loro foto circolano nelle bacheche di Silk Road, il mercato illegale di droga, armi e pornografia celato nel Dark Web, la parte di Internet più nascosta. Forse lì, tra le pieghe della rete anonima, antiche credenze hanno trovato una nuova collocazione. Se quei bambini sono solo vittime di insegnanti malati come tutti sostengono, perché i massimi livelli della Polizia Postale e dell’Interpol indagano? Cosa si cela nella scuola? L’agire di isolati pervertiti? Una mafia internazionale o, ancora una volta, qualcosa di più oscuro? Per scoprirlo Alessandro sarà costretto a mettere in dubbio le certezze con cui ha sopito i terrori dell’infanzia e a perdersi in un viaggio che lo riporterà verso il suo passato di tenebra.
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Massimiliano Scudeletti nasce e vive a Firenze. Dopo gli studi si dedica alla realizzazione di documentari e spot televisivi, prima come sceneggiatore, poi come regista. Nel passaggio dall’analogico al digitale abbandona l’attività per collaborare con un’agenzia assicurativa che opera prevalentemente nella comunità cinese. Continua a viaggiare nel Sud-est asiatico per passione. Compiuti i cinquant’anni, decide di dedicarsi completamente alla cultura tradizionale cinese e alla scolarizzazione di adulti immigrati. Nel 2018 pubblica il suo primo romanzo, un giallo con protagonista il videoreporter di guerra Alessandro Onofri, Little China Girl (Betti Editrice), giunto secondo al premio “Tramate con noi” di Rai Radio1, vincitore del premio Emotion al “Premio Letterario Città di Cattolica”. Dopo numerosi racconti, alcuni con protagonista sempre Alessandro Onofri, nel 2019 pubblica il suo secondo romanzo, L’ultimo rais di Favignana. Aiace alla spiaggia (Bonfirraro). Con Arkadia Editore ha pubblicato il fortunato romanzo La laguna dei sogni sbagliati (2022) e La laguna del disincanto (2024). I suoi reportage di viaggio sono apparsi sulla rivista “Erodoto 108”.
Il link alla recensione su Letteratitudine: https://tinyurl.com/5y6knsyd