L’anno della garuffa
Prologo
Londra, 18 settembre 1978
Zia Luisa è una donna di cui ho sempre avuto paura. Ho capito che dovevo diffidare di lei il giorno in cui l’ho vista fare i maccheroni al forno. Li condiva con il sugo di pomodoro e poi li pigiava nella teglia uno alla volta, allineandoli con le sue dita cicciotte, senza neanche togliere la fede, che si macchiava sempre. Le sue mani grasse schiacciavano con soddisfazione quei poveri rigatoni, che finivano uno di fianco all’altro come dei morticini.
Zia Luisa aveva una figlia, Adele, poco più grande di me. Aveva. Perché poi è morta “per colpa della droga”. Che detto così sembra sia stata la droga a cercare lei, e invece è stato il contrario: è stata lei a cercare l’eroina e a bucarsi nel giardinetto davanti alla stazione. Prima, però, aveva già smesso di mangiare; «Forse per questo non ha retto», ha detto poi il medico. “Forse per colpa di quei maccheroni”, ho sempre pensato io.
Io, Monica Traversa, quattordici anni, primo anno delle superiori, non credo che sia necessario avere grande esperienza per capire le persone.
Non ci credo, checché ne dicano mio padre e il metodo scientifico sperimentale, che ho appena incominciato a studiare ma ho già capito dove va a parare.
Io credo che basti osservare un fenomeno e poi domandarsi: è questa la direzione giusta? È così che devono andare le cose?
Non devi essere un grande cuoco per sapere che non si pigiano i maccheroni, e non devi essere una madre per sapere che tua figlia non è un maccherone che puoi forzare in uno stampo fino a toglierle l’ultimo respiro.
Basta guardare nel piatto la tua porzione di pasta, o negli occhi tua figlia.
Dal 16 marzo al 9 maggio di quest’anno io ho osservato con particolare attenzione il mondo attorno a me. Diversamente da Adele con la droga, non me lo sono andato a cercare, mi è arrivato addosso lui, a duecento chilometri orari, forse di più.
Ho guardato e ho cercato di capire.
Ho visto tante coincidenze, alcune bizzarre, altre boh, e mi sono resa conto che qualcosa non andava perché, se mi domandavo “È questa la direzione giusta? È così che devono andare le cose?”, la risposta era una sola, ed era “No”.
Ho scoperto anche che, a volte, è l’effetto a determinare la causa, e non il contrario come ha sempre detto il professor Giannini di Fisica.