Grazia Deledda e il cibo
Spezzatino di capretto
La mia fama, in materia di cucina, è perfettamente usurpata. Infatti, io non so, all’occasione, preparare che poche elementari pietanze, apprese a fare nella patriarcale cucina di Nuoro. Una di esse, buona per le disappetenze estive, sarebbe questa: rosolare lo spezzatino di capretto tenero, in un soffritto di poco olio d’oliva e cipolline tagliate finissime: a giusto punto di cottura mescolare un uovo battuto nell’aceto bianco.
Il massimo riconoscimento mondiale – il Premio Nobel per la Letteratura – conferitole nel 1927, premio che toccò così, per la seconda volta, all’Italia dopo Giosuè Carducci vent’anni prima, mette nell’imbarazzo chi voglia dire di più intorno a Grazia Deledda. Circa quaranta volumi di romanzi e novelle, per la maggior parte a sfondo sardo, testimoniano la feconda attività di questa grande scrittrice che onora la Letteratura del nostro Paese e le donne italiane, anche perché essa è sposa e madre esemplare. Nata a Nuoro, vive a Roma e collabora con novelle e racconti a grandi quotidiani italiani e stranieri. La maggior parte dei suoi romanzi è stata tradotta in molte lingue.
Conscia delle sue capacità in cucina, quasi si schernisce Grazia Deledda nel dettare a Mascotte questa ricetta frugale, elementare nelle sue regole, che fu pubblicata nel 1932 insieme a un articolo a lei dedicato, ne La tavola della celebrità, in uno dei dodici volumi della collana Biblioteca di gastronomia, delle officine della società Notari di Villasanta.