“La ragazza dell’Opéra” su SoloLibri
La ragazza dell’Opéra di Adriana Valenti Sabouret
Arkadia Editore, 2023 – Commovente romanzo storico sulla condizione femminile, anzi, infantile nella Francia post 1870. Oscurità e bassezze del mondo della danza, lo spaccato di una società matrigna con le bambine.
Petit rats, piccoli topi, le giovanissime allieve della Scuola di danza dell’Opéra di Parigi: sembra che il termine derivasse dall’ultima sillaba di demoiselle dell’Operà, se non dal rumore ritmico delle scarpette a punta delle aspiranti ballerine, nelle sale di prova sui solai. È all’animale, però, che fa riferimento Milly, le petit rat di Palais Garnier, quando presenta la piccola se stessa, resa protagonista di un romanzo da Adriana Valenti Sabouret, autrice di una nuova storia parigina ottocentesca: La ragazza dell’Opéra (Arkadia Editore, Cagliari, giugno 2023, collana Eclypse, 200 pagine).
Siracusana, residente ad Alghero, è laureata in lingue e letterature straniere, legata soprattutto al francese. Ha raggiunto venticinquenne la Ville Lumiere, per dedicarsi all’insegnamento. Ha svolto incarichi per il Ministero italiano degli Esteri, si è impegnata nelle traduzioni, ha iniziato a scrivere articoli e interventi di carattere letterario. Dopo un romanzo in Francia nel 2019, ha pubblicato nel 2021 Madame Dupont, con Arkadia. A Parigi, nella seconda metà dell’Ottocento, ha soltanto otto anni Emilie, detta Milly e non ha niente del topolino. “È bella in una maniera eccessiva”, scrive Adriana Valenti Sabouret, i capelli sono una chioma dorata di fili di seta, gli occhi castano-verdi, un nasino delicato, labbra perfette. Si muove “con grazia felina”.
Nessuna di queste qualità fa ben sperare noi moderni sul suo futuro, perché sappiamo cosa toccava alle giovanissime nella Parigi dei bassifondi, dove si faticava a mettere tavola il pranzo o la cena, a volte nessuno dei due. Milly e le altre bambine malnutrite dell’Opéra Garnier si lamentano delle ore interminabili di lezione che massacrano i piedi. Non sospettano quello che sottintendeva lo scrittore Théophile Gautier, quando paragonava l’Opéra a un Minotauro: divora le piccole danzatrici come il mostro della mitologia greca faceva con le vergini che gli venivano concesse. E se non basta questo a gettare una luce sinistra sull’ambiente della danza nel XIX secolo, Honoré de Balzac rincarava l’accusa, compatendo la creaturina che esce da una prova, consuma una magra cena e ritorna per vestirsi, se in scena nel balletto. È tredicenne, “ma è già un vecchio ratto”.
Tra un paio d’anni, sarà tutto o niente, una grande danzatrice o una volgare cortigiana. L’autrice è ancora più esplicita, sottolineando gli aspetti sociologici proposti nel suo romanzo. Un secolo e mezzo fa, l’abbagliante patina dorata del mondo del balletto classico nascondeva una realtà ignorata, di stenti e sofferenze. Milly è una delle mille piccole voci di tante famiglie in condizioni di vita precarie, come gran parte della società parigina dell’epoca. I maschietti al lavoro duro, fin dalla tenera infanzia, le piccole spesso vendute dai genitori per sopravvivere, costrette a prostituirsi.
La vita di Milly è votata all’amore, in tutte le sue manifestazioni: caldo, “smisurato e salvifico” o sordido e mercenario, opportunista, distruttivo.
Dietro le quinte dell’Opéra de Paris ottocentesca, l’oro finisce per mutarsi in piombo, i tutù in stracci e le paillettes in lacrime.
Per le bambine nate prima di Emilie, era stato anche peggio.
Se si decise soltanto nel 1863 di fissare la maggiore età sessuale a tredici anni per legge, in precedenza le bambine erano adulte appena undicenni.
Peraltro, “proteggere” una giovanissima danzatrice non era considerato pedofilia e molti abusi, tollerati dai genitori delle piccole, filtravano tra le maglie della giustizia, specie se commessi da gentiluomini.
La piccola danzatrice ha un’idea di cosa aspettarsi, ma solo fino a un certo punto. Emilie le petit rat è nata a Pigalle, quartiere popolare, nel 1869. Perché rat, se il topo di fogna incute paura e ribrezzo?
È che va, viene, corre, disturba, vive in gruppo, proprio come le ballerine bambine del Palais Garnier, attratte dal groviera del successo nella trappola dell’Opéra. Diventare étoile le avrebbe allontanate dai tuguri insalubri e maleodoranti.
A Pigalle, nei miserabili:
Nuclei familiari la prole promiscua somiglia a nidiate di ratti. Lavoravamo per non morire, barattando i nostri esili corpi per un tozzo di pane. Sorrisi mesti e innocenza perduta.
La madre l’ha avviata alla danza all’età di otto anni. Più si è giovani e innocenti, più chances si avranno d’imparare e di farsi notare da un ricco protettore. Fra qualche anno potrà fare concorrenza alla più ricercata delle cortigiane di Francia.
“Viens-là, ma petite cocottes”
La bambina si domanda perchè tra le tre sorelle la mamma sfrontata abbia scelto lei per destinarla alla vita da mantenuta. Percepisce vagamente la sua grazia, l’armonia delle proporzioni, il fascino dei suoi lineamenti regolari. Solo con gli anni scoprirà l’ambiguo potere dell’avvenenza.
La sera, le attendono le luci abbaglianti del palco, per concludere in bellezza con l’intrattenimento di qualche signore, che le ha notate nelle quinte. Eppure, sono soltanto bambine, in cerca ancora di caramelle. Si legge la forza e la compassione di una donna-autrice di oggi che avverte sulla propria pelle il dolore di quelle piccole, tradite dalle famiglie e dalla società.
Vicende di oltre un secolo fa, ma se ne può fare un manifesto della più bieca discriminazione e della sottomissione di genere, che abbiamo tutti il dovere di cancellare, perché quelli che Adriana Valenti Sabouret chiama “fantasmi” hanno attraversato i secoli e affliggono ancora, sebbene in forme diverse, non meno spietate. Come scrive bene l’autrice, in realtà sono:
“Spettri potenti che hanno costellato la lotta e delle donne verso l’emancipazione”.
Felice Laudadio
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