“Tempo ordinario” su SicilyMag
Una doppia settimana da leggere all’insegna delle case editrici indipendenti
Le letture consigliate da Salvatore Massimo Fazio
BLOG Poesia, narrativa e saggistica. Ecologia, critica letteraria e tanto altro per i consigli di lettura della quindicina dal 13 al 26 febbraio che incoronano le case editrici indipendenti che resistono e proseguono nell’opera di resistenza contro i colossi
Due settimane sull’onda della nuova narrativa, ma anche della saggistica e dei memoriali. Libro #copertina a Michel Vieuchange autore di “Smara. Taccuini di viaggio” (Edizioni Settecolori): a quasi novant’anni dalla prematura morte si narra l’alternativa vita dell’esploratore francese tra deserti e voli pindarici. La controcopertina invece è per l’ecologista Stefano Apuzzo, autore di “Eco guerrieri. Storie di battaglie ecologiste” (Mursia). Gli altri titoli che consigliamo, per le prossime due settimane, sono tutti di editori indipendenti, quali Bibliotheka, Töpffer, Il Saggiatore, Gruppo Santinelli Poetica, Fides, Mursia, Arkadia, Fanucci, Graphe.it e Les Flaneurs Edizioni che chiude col capolavoro dedicato ai Guns N’Roses. Da non dimenticare il flashback del 9 febbraio dell’etneo di adozione laziale Francesco Randazzo con un volume encomio a Goffredo Mameli, uscito per Graphofeel.
Buona scelta e buona lettura. Arrivederci al 27 febbraio.
Già in libreria
Francesco Randazzo, Freme la vita. I sogni di Goffredo Mameli, Graphofeel
“Quel ragazzo è un simbolo!” gridò uno mentre lo portavano via. “Salvate almeno lui, se non per questa Repubblica sotto assedio e quasi vinta, per la Repubblica che verrà!”. La biografia romanzata di Goffredo Mameli, patriota e scrittore, ragazzo entusiasta e pieno di gioia di vivere, morto a soli ventuno anni durante la difesa della Repubblica romana. Vissuto tra Genova, Milano e Roma, fu una vera star del Risorgimento, ed ebbe grande influenza nella cultura del suo tempo. Amico di Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, amato dalle donne e venerato dagli amici è l’autore del testo dell’attuale Inno d’Italia che fu musicato da Michele Novaro.
Le uscite di martedì 13 febbraio
Nicolino Sapio e Valerio Evangelista, KM 21. Dove le ciliegie tacevano, Töpffer edizioni
La genesi di questo libro affonda le sue radici in una notte intorno agli anni duemila, dopo la visione di un documentario trasmesso in tv: l’immagine di un camion militare serbo, carico di prigionieri bosniaci, e di un adolescente terrorizzato hanno acceso il desiderio di svelare quella storia. Una ricerca durata anni, in un intricato labirinto di indizi frammentari e testimonianze lacunose. Con i pochi dettagli identificati sono stati ricavati alcuni punti fermi, tentando così di seguire le orme del camion attraverso i villaggi della Bosnia nordoccidentale; ed ecco così le voci di coloro che hanno vissuto sulla propria pelle gli orrori dei campi di concentramento e delle pulizie etniche. Insieme a loro, si è cercato di ricomporre i frammenti di un puzzle complesso e straziante. E lentamente, con tenacia e dedizione, sono affiorati i contorni di questa storia, accaduta nell’estate del 1992 nelle comunità rurali attorno a Prijedor. Al protagonista è stato dato il nome di Adem, variante turco-araba e balcanica dell’uomo primordiale di tradizione biblica. Le testimonianze rielaborate in queste pagine sono un timido, ma dovuto, tentativo di restituire una goccia di memoria alle storie che ancora rimangono senza nome né volto, soppresse dalla follia suprematista resa possibile dall’indifferenza.
Le uscite di mercoledì 14 febbraio
Libro copertina, Smara. Taccuini di viaggio di Michel Vieuchange, Edizioni Settecolori
«Smara: un terrificante pellegrinaggio nel regno del Nessun luogo! – lo ha definito lo scrittore inglese Paul Bowles, l’autore di “Il tè nel deserto” -. Per quanto abbia letto ormai mezzo secolo fa il diario di viaggio intitolato a quel nome, ricordo ancora perfettamente ogni terribile momento di quella partita a scacchi che ha luogo fra Michel Vieuchange e il suo destino»
Notti passate nella profondità del deserto, accampamenti spazzati via dal vento, oasi, incontri inquietanti intorno a un fuoco di sterpaglie, la scoperta piena di meraviglia della città proibita… Ma anche, la sete bruciante, le ferite lente a cicatrizzarsi, la dissenteria che sfianca i corpi, le minacce dei predoni e dei cattivi compagni di strada, gli uni e gli altri pronti a sgozzare o a vendere l’inerme viaggiatore…
E infine, la spossatezza estrema, la malattia, la morte. Mai il deserto è stato descritto e celebrato con una simile asprezza, una simile violenza e così tanta poesia. Che questo racconto meteorico, salutato al tempo della sua uscita, il 1932, da Paul Claudel, Louis Massignon, Emile Bienveniste, sia rimasto a lungo dimenticato in Francia, e in Italia del tutto sconosciuto, ha qualcosa di misterioso. Arthur Rimbaud aveva dunque un fratello: Michel Vieuchange!
L’autore
All’età di vent’anni, Vieuchange si laureò in letteratura e scrisse il suo primo romanzo, “Hipparète”, che rimase inedito, nel quale espose il suo fascino per la cultura e la storia dell’antica Grecia. Fu fortemente influenzato dalle letture di Antoine de Saint-Exupéry, André Gide e Paul Claudel e sviluppò una passione per il cinema. Senza essere sicuro della posizione esatta di Smara e con conoscenze limitate dell’arabo e del berbero, Vieuchange partì il 10 settembre 1930, vestito da donna berbera. Attraverso forti difficoltà raggiunse il suo obiettivo e tornò alla civiltà il 16 novembre nella città marocchina di Tiznit, situata a quasi 400 km da Smara. Vieuchange morì pochi giorni dopo, a causa di una dissenteria.
Le uscite di venerdì 16 febbraio
Anna Macrì, Gli amori malvagi. Dieci storie di ordinaria violenza, Bibliotheka
«Se lo lasciassi sarei persa, non so fare altro che la bestia da soma di un uomo. Non so che cucinare, rassettare, stirare, rammendare e aprire le gambe quando vuole»
Gli amori malvagi. Dieci storie di ordinaria violenza dell’attrice calabrese Anna Macrì, in libreria il 16 febbraio per le edizioni Bibliotheka (96 pagine, 16 euro, edizione ebook a 4,99) è il risultato di una ricerca sul campo durata tre anni in vari centri antiviolenza. Il libro raccoglie dieci testimonianze (sulle oltre cento ascoltate) di donne violate da fidanzati, mariti, presunti amici. Le protagoniste si raccontano con onestà e crudezza, dopo percorsi spesso segnati da rassegnazione, istinto protettivo nei confronti dei figli, denuncia dei carnefici, sensi di colpa, timore del giudizio altrui e depressione. Cristallizzato in un istante infinito di dolore, il racconto della violenza subita punta il dito sull’incapacità manifestata da molti uomini, e spesso in situazioni considerate normali e ordinarie, di costruire con le loro compagne rapporti maturi e di reciproco rispetto. «L’ho scritto a mano, sotto gli ulivi della mia campagna o in riva al mare», spiega l’autrice. «E di notte, nel silenzio del mio studio, con la musica come compagna».
Clelia Marchi, Gnanca na busia. Il romanzo di una vita scritta su un lenzuolo, Il Saggiatore
“Gnanca na busia” è il racconto dell’esistenza, semplice eppure straordinaria, della contadina mantovana Clelia Marchi, che decise di cucire i ricordi di settant’anni di vita su un lenzuolo. La testimonianza unica di un mondo rurale oggi così remoto e incomprensibile, racchiuso nelle parole della più umile dei suoi esponenti. «Care persone fatene tesoro di questo lenzuolo che c’è un po’ della vita mia.» Così si apre la storia narrata da Clelia Marchi, sette decadi, molte fatiche, un solo grande amore. Una storia che la donna inizia a scrivere dopo la morte del marito, prima su quaderni e fogliacci e quindi con l’ago e il filo su un lenzuolo bianco del corredo, per poi donarlo all’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano perché ne trattenga e tramandi la memoria. Una storia fatta di miseria e guerra, di polenta e lavoro nei campi, di muri crivellati da proiettili e paura del nemico e del padrone, ma anche di amore: per gli otto figli, quattro cresciuti e quattro perduti, e soprattutto per un ragazzo dagli occhi azzurri, conosciuto a quattordici anni e sposato a diciotto. Una storia di piccole cose e grandi avvenimenti, di grandi passioni e insuperabili lutti, narrata tutta di fila lungo 185 righe numerate attorno a un solo imperativo: gnanca na busia, non dire mai nemmeno una menzogna. Arricchito dalla postfa-zione di Vinicio Capossela, questo libro è diventato negli anni un classico contemporaneo: un racconto di sé che si fa terapia e, insieme, racconto di un’epoca. Traccia scritta del desiderio di ognuno di noi di essere letti, infine, nella nostra essenza più sincera.
Allan Bay, Elogio del mangiare con le mani, Il Saggiatore
Elogio del mangiare con le mani è un invito aperto a tutti ad assaporare l’esistenza in modo più leggero e intimistico: ad accarezzarla e maneggiarla, toccarla e soppesarla, invece che masticarla frettolosamente. Molti anni fa, quando eravamo semplici bipedi e cercavamo di sopravvivere tra bestie inferocite e intemperie, noi umani godevamo di un grande privilegio: quello di riunirci intorno a un fuoco per mangiare quel poco che avevamo con le mani. Era una necessità, ma anche un modo per affrontare la realtà in modo diret- to e allo stesso tempo poetico. Oggi, quell’antica gestualità sopravvive, minacciata tuttavia dall’avanzare delle lucenti forchette. Come gazze ladre, negli ultimi secoli ci siamo lasciati sedurre da quel che brilla, e abbiamo così sacrificato la bellezza del leccarci le dita in virtù del comandamento più brutale: «Non sporcarti».
In queste pagine Allan Bay decide allora di celebrare questa usanza «antica e bella» indagandone il passato, il presente e il futuro con giocosità e charme, sempre convinto che ogni indagine gastronomica finisca per mescolarsi alla biografia; dietro ogni fetta di pizza margherita o ogni spiedino ricoperto di fonduta mongola si annida infatti spesso il racconto di un’amicizia, un incontro d’amore o la memoria di un viaggio. Questo libro è un viaggio storico e antropologico, un racconto fotografico e molto altro: un’opera che ci permette di riscoprire il piacere di trasgredire, di sporcarci, di dire sì alla vita.
Le uscite di lunedì 19 febbraio
A cura di Eliselle e Gianluca Morozzi, Il dio del rock è severo ma giusto, Les Flaneurs Edizioni
«The most dangerous band in the world, no? I Guns non si sono certo conquistati questa definizione in pochi anni di attività perché si comportano da chierichetti in fila a prendersi l’ostia consacrata: no, l’hanno conquistata perché sono sporchi, ribelli, menefreghisti, violenti, orgogliosamente drogati e scrivono canzoni feroci, ma i fan li adorano per questo. I detrattori li odiano per lo stesso motivo. Dunque, nessuno ha ragione o torto. Sono divisivi: o dentro o fuori»
Sex, drugs and rock’n’roll è il cliché del rock, e i Guns N’ Roses sono i padri fondatori di questo cliché: selvaggi, esplosivi, senza mezze misure. Questi venticinque racconti, dalle penne di diciassette autori, ne illustrano il mito, rispettando un unico filo conduttore ma diversi punti di vista. E così possiamo metterci nei panni di un fan della prima ora, che sia lo zio intento a spiegare il rock al nipotino oppure una groupie ossessionata da Axl Rose, e subito dopo immergerci nelle vite degli stessi membri della band: conoscere le ambizioni e le paure di cinque scapestrati in attesa di sfondare, seguire Duff o Slash durante un bad trip, empatizzare con uno Steven stravolto da droga e rimpianti, chiederci dove sia finito Izzy. Ogni racconto aggiunge una sfaccettatura da cui guardare i Guns e la loro parabola, dall’esordio all’ascesa, dalla vetta all’autodistruzione, dai traumi infantili alla loro sublimazione nel dionisiaco. Benvenuti nella giungla.
I Guns N’Roses a Londra nel 2017
Paolo Cavallone, Suoni ulteriori, Gruppo Santinelli Poetica
Si intitola “Suoni ulteriori” il nuovo libro del compositore Paolo Cavallone. L’opera, edita dal Gruppo Santelli Poetica, contiene 46 testi poetici che l’autore ha composto nell’arco di 24 anni. L’opera si arricchisce della presentazione del giornalista e scrittore Giuseppe M. Gnagnarella e della prefazione del musicologo Renzo Cresti.
È difficile separare la poesia dalla musica perché in Paolo Cavallone prendono vita contemporaneamente: non vi è un prima e un dopo, un distacco, ma si formano insieme. Potremmo azzardare il termine “poesica”, poesia/musica contratte in un’unica parola, arti che pur conservando le loro naturali caratteristiche si penetrano attraverso il suono e il ritmo, indistinguibili e imprescindibili l’una dall’altra. Dal suono di una vocale o di una frase nasce la musica, la quale è già contenuta in quella parola e in quel verso. Non è una questione di creare una poetica o una drammaturgia, il fatto è che poesia/musica sono connaturati alla sensibilità, alla forma mentis di Cavallone o meglio egli diviene la sua poesia/musica. Un suono senza tempo (“Spirali”), intrasonico polifonico (“Madrigale”), ci regala Cavallone, corpo dello spirito (“Corpo”), vivo raro (“Sorriso”). “Per onestà / nella purezza dell’intenzione / dell’immaginazione” (“Ero Dandy e non sapevo”), ci dona la dolcezza delle emozioni (Stanze), in “Rivelazioni” meditate e fulminee, in un percorso di vita e d’arte più unico che raro, profondo e originale. Il libro si arricchisce della copertina tratta dall’opera “Il vento dell’ovest” della pittrice Emma D’Alessandro.
Michelina Buono, Quadri senza chiodi, Fides
«Rivedeva, come in un quadro di Renoir, le loro tre figure sedute su un tronco trascinato a riva dal mare…»
Durante gli ultimi atti del secondo conflitto mondiale, la giovane Nennella sfida la mentalità tradizionalista del suo piccolo paese del sud Italia, rifiutando di adattarsi all’esistenza già programmata per lei dalla sua famiglia tanto benestante quanto patriarcale. Vittoria, figlia di Nennella, è fra le prime a indossare la toga di magistrato, e in particolare si dedica alle indagini sulla morte di suo marito, un giornalista televisivo ucciso dalla mano armata della Brigate Rosse. Beatrice, figlia di Vittoria, ha subito una violenza sessuale da parte di un sacerdote, e ora deve cercare di affrontare il trauma per rinacciare dalla trama della sua vita. Ambientato fra la Capitale e un Meridione italiano sospeso fra consuetudini arcaiche e consolidate, in un arco temporale che va dal 1943 agli anni Novanta, Quadri senza chiodi è una saga familiare che si offre come un inno all’autodeterminazione e all’emancipazione femminile.
Le uscite di giovedì 22 febbraio
Diego Brasioli, Il caffè di Tamer, Mursia
«E dopo ogni guerra, pensava Dori, dopo ogni battaglia, non una, ma due, tre, dieci, cento versioni. Chi ha ragione, alla fine? Ciò che appare sembra una cosa, ma poi ne sembra un’altra, e poi ancora cambia di prospettiva. Alla fine, cosa conta chi ha ragione, se la ragione stessa è andata persa?»
Questa è la storia dell’ebreo Dori Goldman e del suo amico arabo Tamer Hammoud che aveva un locale senza nome né insegna negli antichi vicoli di Gerusalemme. Era un luogo di pace che tutti chiamavano, semplicemente, il caffè di Tamer. Un tragico e delicato romanzo che trascina nel cuore della terra promessa, dove niente è ciò che sembra, dove la morte e l’amicizia camminano fianco a fianco. Uno spaccato di vita mediorientale lucido e tragico fatto di rapporti umani sempre più difficili tra arabi ed israeliani, di istinti omicidi superiori a qualsiasi voglia di riconciliazione, ad ogni accordo realmente ragionato e quindi possibile. Ogni emozione, ogni dialogo, ogni speranza confina sempre con una pesante atmosfera di morte, di resa dei conti che pesa come una spada di Damocle sulla sofferta quotidianità di intere popolazioni. Il finale tragico fa riflettere e non lascia certo grande spazio ad ipotesi di definitive risoluzioni non violente dei conflitti mediorientali.
Claudio Chiaverotti e Pierluigi Porazzi, Il re delle fate d’autunno. In fondo alle filastrocche è sempre buio, Mursia
Gli autori: “Dall’incontro di due anime creative e da stima e ammirazione reciproca è nata prima un’amicizia vera e in seguito l’opportunità di scrivere insieme una storia, e questa storia è diventata “Il re delle fate d’autunno”
«Dolcezza, un puntino quasi dimenticato su qualunque mappa stradale, qualche migliaia di abitanti, poche anime rimaste, la maggior parte vendute per molto meno di trenta denari. Tutti invece conoscono la fabbrica di prodotti chimici che dà lavoro alla maggior parte degli abitanti del paese, l’Ekta». Adolescenti, belle e con qualche segreto di troppo: sono le vittime di un serial killer che si fa chiamare il re delle fate d’autunno e semina terrore nello sperduto paesino di Dolcezza, in Friuli. Al caso lavora l’ispettrice Foscari che, con il suo vice Chiarloni, scava tra le torbide ombre di una provincia solo all’apparenza tranquilla. Chi è l’assassino? Perché uccide? E ha qualcosa a che fare con l’Ekta, la fabbrica che tutti in paese detestano e temono?
Questo l’incipit del romanzo: “A occhi chiusi, il tepore dell’ultimo sole dell’estate sulle guance le accende un lieve sorriso sulle labbra. Ha sempre amato l’estate, il caldo, le maniche corte, le corse da bambina nei prati della casa di montagna, le libellule. Sembravano piccole fate, le libellule. Amava vederle volteggiare intorno a lei, restare immobile finché una si posava sulla sua mano, e osservarle da vicino. Avevano occhi enormi, il corpo oblungo e quasi sgraziato, le ali così sottili e delicate che sarebbe bastato un tocco delle dita per distruggerle. In un istante, la sua mente è tornata a un passato simile alla felicità, allora inconsapevole, di una ragazzina che aveva davanti a sé infinite strade, infinite possibilità. Le sembra quasi di sentire ancora l’odore di erba tagliata dei campi”.
Libro controcopertina, Eco guerrieri. Storie di battaglie ecologiste di Stefano Apuzzo, Mursia
«La nostra casa è in fiamme (…) eppure la politica parla, discute, finge di prendere provvedimenti ma continua a essere ostaggio di quelle lobby che la casa la stanno incendiando. (…) Non c’è più tempo per le parole. Urgono azioni concrete. E, se necessario, azioni dirette»
Il racconto di un’avventura collettiva e d’avanguardia nelle lotte degli anni Ottanta, Novanta e Duemila, per il pianeta, il clima, l’ambiente e la giustizia sociale. Pagine di azioni e blitz di forte impatto simbolico, “illegali”, di autodifesa. Un manuale utile per le lotte di oggi e delle nuove generazioni per conquistare un futuro che sia vivibile. È ancora possibile salvare il pianeta, ma abbiamo poco tempo e le azioni, dal basso, devono essere sempre più incisive e radicali, per smuovere i gerontocrati e i fossili che stanno in alto e ci governano. Un’avventura nella Politica, quella vera e d’azione, alla conquista delle città e per abbattere muri e confini.
L’autore
Giornalista e scrittore, collaboratore di diverse testate giornalistiche, Apuzzo è laureato all’Accademia di Belle Arti di Brera. È stato presidente di Amici della Terra Lombardia, ProAfrica Onlus e Associazione culturale “M’Arte”, Portavoce Gaia Onlus, Direttore Associazione Laboratorio Ambiente e EcoRete, rete Ecologica della Lombardia, è stato autore di diversi libri e testi su ambiente, sicurezza alimentare, diritti dei consumatori, animali (Stampa Alternativa, Kaos edizioni, Edizioni Mediterranee, Costa&Nolan, “I Libri di Gaia”), tra cui “Farmakiller”, “Quattrosberle in padella” e “Bimbo bio”, “Foglie di Fico”, “Anche gli animali vanno in Paradiso”. Da giovanissimo ha militato nella Federazione giovanile comunista italiana del Pci. Aderisce fin dalla loro nascita ai Verdi, con i quali nel 1990 viene eletto consigliere comunale a Opera (carica che manterrà fino al 1998). Nel 1992 viene eletto deputato coi Verdi. Da parlamentare ha fatto approvare come promotore due leggi in difesa dell’ambiente e degli animali: la modifica dell’art. 727 del Codice penale, con l’inasprimento delle pene per i maltrattamenti e il diritto all’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale per gli studenti e le studentesse universitari. Rimane in carica a Montecitorio fino al 1994. Dal 2004 assessore all’Ambiente, cooperazione e protezione civile del Comune di Rozzano, occupandosi anche di innovazioni tecnologiche, lavoro, parchi, verde e animali. Dal 2010 è iscritto al Partito democratico. Rimane assessore fino al 2019.
Le uscite di venerdì 23 febbraio
Maddie Mortimer, Mappe dei nostri corpi spettacolari, Il Saggiatore
Mappe dei nostri corpi spettacolari è la storia di un essere inafferrabile che, lento e inesorabile, si aggira in un paesaggio affascinante: il corpo umano.
Si ferma al suo interno, ne esplora gli organi, si moltiplica tra le cellule. Una creatura che racconta la topografia di un corpo, da cui assorbe energia vitale tappa dopo tappa; avanza lungo gli argini delle sue vene, si riversa nei tessuti, si nasconde nelle anse dei capillari. Sfiora la trachea come i tasti di uno xilofono. Si diffonde implacabile.
Ma è anche la storia di Lia, una giovane donna sposata con Harry e madre di Iris, alle prese con i cambiamenti dell’ado- lescenza. È la loro quotidianità che questa creatura raccon- ta, perché conosce tutti loro: i segreti nascosti del passato, le verità non dette del presente e l’inevitabilità del futuro. Mentre Lia affronta quella che potrebbe essere la fine, i ricordi della sua infanzia e una storia d’amore nascosta portano alla luce paure profonde. Sotto attacco da dentro, Lia cerca di trovare un equilibrio e di tracciare i confini di un’instabile felicità.
Ma il tempo e i corpi sono porosi e imprevedibili. Maddie Mortimer si muove tra diversi stili di scrittura e stati d’ani- mo, in una vera e propria catabasi attraverso il corpo uma- no che si fa racconto di luoghi spettacolari e al contempo spaventosi; una discesa in un abisso profondo che si trasfor- ma in una celebrazione assoluta della vita.
Eduardo Laporte, Tempo ordinario, Arkadia
Dopo la pubblicazione di Diari (2015-2016), Eduardo Laporte pubblica la nuova puntata del progetto Diario a ninguna parte (Diario verso il nulla). In questo caso, coprendo gli anni dal 2017 al 2020, compone un insieme di pillole letterarie dall’aspetto talvolta aforistico, in parte legate ai social network, ma allo stesso tempo incapaci di esaurirsi in quel contenitore frenetico e aggressivo. Il diario emerge come un deposito di idee di maggior spessore, che superano il setaccio del virtuale e si guadagnano il privilegio della permanenza su carta. Un tentativo di catturare il tempo, quello individuale, intimo, ma anche quello degli altri, il tempo comune. Da qui il titolo, un gioco di parole con la bellezza dei giorni normali, senza feste, attingendo al gergo del calendario cristiano, ma anche un tempo che coincide con il mandato di un politico come Donald Trump. Il testo cerca di essere proprio un rifugio dal sovraccarico di informazioni. Attualità e politica sono assenti, al di là degli inevitabili accenni alla pandemia e ai suoi effetti nella sezione finale.
Justin Cronin, Il traghettatore, Fanucci Editore
Fondato dal misterioso genio noto come il Designer, l’arcipelago di Prospera è nascosto dagli orrori di un mondo esterno ormai in declino. Su quest’isola paradisiaca, i fortunati cittadini godono di vite lunghe e appaganti fino a quando i monitor incastonati nei loro avambracci, destinati a misurare il loro benessere fisico e psicologico, scendono sotto il 10%. A quel punto si ritirano, imbarcandosi su un traghetto per l’isola conosciuta come Nursery, dove la loro memoria viene cancellata e i loro corpi deteriorati vengono rinnovati in modo da ricominciare una nuova vita. Proctor Bennett ha una carriera soddisfacente come traghettatore, accompagnando le persone nel processo di pensionamento. Ma c’è qualcosa che non va in lui. In primo luogo, sogna, cosa che si suppone sia impossibile a Prospera. In secondo luogo, la percentuale sul monitor incastonato nel suo braccio ha iniziato a diminuire in modo allarmante. E nel giorno in cui viene convocato per traghettare il proprio padre, quest’ultimo gli consegna un criptico messaggio dai risvolti inquietanti. Nel frattempo, il personale di supporto, uomini e donne comuni che forniscono la manodopera necessaria al funzionamento di Prospera, ha iniziato a mettere in discussione il proprio posto nell’ordine sociale. Con i disordini aumentano, si diffondono sempre di più voci su un gruppo di ribelli che potrebbe scatenare una rivoluzione. Ben presto, Proctor si ritrova a mettere in discussione tutto ciò in cui credeva, invischiato in una causa molto più grande di lui e in una missione disperata alla ricerca della verità.
Il prologo del libro: “Sta per spuntare l’alba quando lei sguscia via di casa. L’aria è calma e fresca; gli uccelli cantano sugli alberi. Ovunque, il suono del mare, il grande metronomo del mondo, che sbatte sotto un cielo vellutato di stelle evanescenti. Attraversa il giardino, con indosso la camicia da notte chiara. Il suo passo non è esitante, semplicemente pacato, quasi compiaciuto. Come somiglia a un fantasma, questa figura solitaria che fluttua tra le aiuole, le fontane gorgoglianti, le siepi affilate come lame taglienti. Dietro di lei, la casa è scura come un monolite, anche se presto le finestre affacciate sul mare si riempiranno di luce. Non è cosa facile, lasciare una vita, una casa. I dettagli scavano trincee dentro di noi: profumi, suoni, associazioni, ritmi. Le assi scricchiolanti del pavimento al piano di sopra. L’odore che ti accoglie all’ingresso a fine giornata. L’interruttore della luce che la mano trova in automatico anche al buio. Potrebbe muoversi senza problemi tra i mobili con una benda sugli occhi. Vent’anni. Resterebbe altri venti se potesse”.
Le uscite di lunedì 26 febbraio
Gianfranco Lauretano, Questo Spentoevo, Graphe.it edizioni
Nel cuore delle parole c’è un’armonia nascosta, un flusso musicale che solo pochi poeti riescono a catturare. Gianfranco Lauretano rivela come l’arte della poesia possa essere un atto di imitazione e trasformazione, portando il lettore in profondità nell’universo sonoro delle parole. Lauretano segue le orme di Giorgio Caproni, sfidando l’audacia di provocare questo meccanismo, e portando in scena un’opera poetica che affonda le radici nell’arte di un maestro e, allo stesso tempo, si distingue come un’entusiasmante esplorazione dell’universo poetico. Questo spentoevo non è solo un libro di poesie: è un’esperienza, un viaggio nella musica nascosta delle parole, un tributo a un faro del Novecento. Un’opera che affascina, sorprende e incanta.
Il poeta agisce per eversioni di senso e per sonorità limpide offrendo al lettore un verso asciutto, lineare ma allo stesso tempo denso di nitore, figlio di un linguaggio che poggia le sue solide basi su un messaggio sia evocativo, e dunque spirituale, che civile, e dunque umanistico. Ciò che si sviluppa, in questa “crasi” letteraria, specie nella sua ultima opera che qui presentiamo, è la verosimiglianza del reale alla resilienza dello spirito, in una fusione tra elegia e provocazione che rende unica questa esperienza poetica sempre in bilico tra l’omaggio e la ricerca di un significato altro, di una cifra più aderente alla verità che spesso ci sovrasta ma non ci salva. Il risultato che ne consegue è una poesia fresca ma audace, che ha nei suoi picchi tutta la lezione novecentesca e però non disdegna il presente, ridisegnandone le mappe interne e andando contro le mistificazioni di un tempo che sembra continuamente mettere a dura prova gli esseri più sensibili che lo abitano. (Antonio Bux)
Aurelian Silvestru, Attore Anonimo, Graphe.it Edizioni
Dopo molti anni, due amici si ritrovano in una trattoria del centro di Chișinău, capitale della Repubblica Moldova, a ricordare il loro passato e la scomparsa, prematura e tragica, di Florin Montana, pittore di grande talento e loro carissimo amico. Improvvisamente dal racconto del vissuto riemergono amori, sogni, invidie e misteri irrisolti, che li obbligano a vivere un’avventura giocata tra diverse capitali europee e in vari ambiti umani e artistici. I due allestiscono una pièce in bilico tra finzione e realtà. Paradossalmente, il filo conduttore di questa insolita esperienza sarà l’imperatore Nerone, uomo di potere, artista e, soprattutto, anima complessa, travagliata da conflitti e infiammata da feroci ambizioni. Tra i capitoli dai titoli suggestivi, ne incontriamo alcuni ambientati nell’antica Roma, poiché Tudor intende raccontare di un inedito Nerone in un testo a lui dedicato. Tuttavia, come spesso accade agli amanti della scrittura, il personaggio finisce per guidare la mano dell’autore e lo stesso Nerone diviene parte tangibile della storia, materializzandosi.
È infatti proprio Nerone ad aiutare Tudor a conoscere meglio se stesso parlandogli della loro somiglianza, della stessa sete e perseveranza, di quel talento che preme per uscire e mostrarsi: sono divorati dalle medesime passioni – dipingere, scrivere, fare teatro – ma anche differenti nelle ambizioni… “Io offro l’ispirazione, incoraggio loro a commettere dei crimini. Io sono l’ideatore dei grandi incendi” dice Nerone compiaciuto. L’incontro con san Pietro completa il quadro dello stile visionario e interessante di Aurelian Silvestru, ma ciò che accadrà nei capitoli finali di Attore anonimo metterà ordine, non senza momenti travagliati tra i tanti nomi e i fatti, mai utilizzati senza uno scopo preciso e ben congegnato. Fin dalle prime pagine, l’autore esalta l’arte in tutte le sue forme, compiendo suggestivi collegamenti con la natura, il mare, la vita stessa. Riflessioni sull’amicizia, sulla solitudine, sul vivere, sulla disperazione e sul rialzarsi cercando le più semplici motivazioni per farlo, che stanno là a portata di mano in attesa di esser viste. E poi la personalità degli attori, quel saper fingere o immedesimarsi che rischia di insinuarsi nella vita reale, ma anche la storia che abbiamo studiato sui banchi di scuola è in questo libro capace di insegnarci qualcosa: Seneca, Nerone, Agrippina, l’antica Roma, hanno un posto d’onore nell’originale costruzione del romanzo e lasciano segni interessanti…
Salvatore Massimo Fazio
Il link alla segnalazione su SicilyMag: https://bitly.ws/3dwrq