“Un posto difficile da raggiungere” su Il Mattino
15 personaggi alla ricerca di «Un posto difficile da raggiungere» nell’antologia di Gianluigi Bodi
C’è chi cerca di sfuggire dalla propria vita e chi, al contrario, cerca una tana in cui rifugiarsi: in “Un posto difficile da raggiungere” (Arkadia editore) il quarantanovenne Gianluigi Bodi esplora la necessità che ognuno di noi coltiva dentro di sé di trovare un proprio posto del mondo, la maggior parte delle volte senza neanche avere ancora coscienza di quale sia la strada giusta da percorrere per riuscirci. Attraverso i 15 racconti che compongono l’antologia, lo scrittore ci porterà a riflettere sulla vita, sulle scelte, sulle ansie, sulle pressioni sociali a cui veniamo ogni giorno sottoposti, accompagnandoci per mano dalla prima all’ultima pagina con una scrittura profondamente introspettiva ma al tempo stesso leggera, tinta da un velo di ironia.
Bodi, il filo conduttore tra le sue storie si può sintetizzare nel bisogno di “casa”?
«Quello che mi ha permesso di costruire una raccolta omogenea è la ricerca di un proprio posto nel mondo, come enfatizza il titolo. Il posto di cui parlo è difficile da raggiungere e non è necessariamente rintracciabile da chiunque: il fatto di tentare di trovare la propria strada non assicura di riuscire a raggiungerla. Dunque, la spasmodica ricerca di equilibrio emerge tra i racconti come fondamentale».
Perché raccontare delle persone in cerca di qualcosa?
«Mi hanno sempre affascinato i personaggi consapevoli di essere alla ricerca di qualcosa, dotati di un certo equilibrio interiore che non si riversa necessariamente nell’andamento delle proprie vite. Li ho amati fin da piccolo, dai primi romanzi che ho letto. Mi è sembrato naturale raccontare, quindi, quella parte di umanità, che non ha tutto sotto controllo e non sa perfettamente cosa stia facendo. Va per tentativi, piuttosto. Spero che dai racconti si colga che, a volte, questa ricerca a tratti cieca rappresenta già una vittoria personale: il sol fatto di rendersi conto di dover compiere un passo in qualche direzione è un piccolo successo. Poi, mi auguro che questi personaggi fallati, più che falliti, e leggermente fuori fuoco possano ricevere un po’ di affetto da parte dei lettori».
Si è lasciato ispirare da qualche episodio reale?
«Nessun personaggio è volontariamente ispirato a qualcuno di reale, ma una volta completata la scrittura, rileggendo i racconti, mi sono reso conto che in ognuno di loro è racchiusa una piccola parte del percorso che io ho compiuto fino ad oggi. Di fatto, non ci sono degli elementi propriamente autobiografici, ma cerco più che altro di raccontare una certa sensazione che ho provato e che credo faccia parte del percorso di ognuno di noi. Dopotutto, è inevitabile scavare nel passato quando si scrive, anche senza rendersene conto».
Alessandra Farro
Il link all’intervista su Il Mattino: https://bitly.ws/3bbrE