Nel segno di Lussu
Introduzione
C’è posto per la fantasia nella storia? Non proprio, direte voi. Eppure se Giommaria Angioy è stato dipinto come un confusionario, un rivoluzionario, un eroe o, come diceva il Manno, una “magagna”, uno spazio per la fantasia nella storia deve pur esistere. Non tutti questi diversi e talora opposti giudizi possono essere fondati, rispondenti ai
fatti; dunque, qualcuno sarà frutto d’invenzione.
C’è poi la storia controfattuale. E se avessero vinto i Cartaginesi anziché i Romani? O Hitler anziché Stalin? Sarebbe piaciuto a coloro che oggi li accomunano? O devono costoro ammettere che l’uno voleva sottomettere e schiavizzare gli Slavi, creando una colonia dentro l’Europa, mentre l’altro ha difeso il suo popolo e anche noi, come poi è stato? Nell’accomunare i due c’è evidentemente una palese invenzione, c’è una manifesta fantasia, un’imperdonabile rimozione. Si dimentica Stalingrado. Eppure questa narrazione va per la maggiore; storici, giornali, televisione la danno per scontata e sembra una provocazione sostenere il contrario.
E se, squarciando la convinzione consolidata, dicessimo che lo Statuto speciale sardo non ha niente a che vedere con la storia della Sardegna? Saremmo nel mondo della fantasia o del reale? E se pervenissimo alla conclusione che questa condizione lo rende estraneo alla Regione e prima ancora alla comunità che vuol regolare? E se ne traessimo la convinzione che uno Statuto sostanzialmente ottriato – come questo appare – va ripudiato per farne un altro, in sintonia con il pensiero elaborato in Sardegna? Saremmo eccessivi e con la testa fra le nuvole, inguaribili, ingenui sognatori? Angioy, Asproni, Tuveri, Gramsci, Bellieni, Lussu sono passati invano? Le loro elaborazioni e le loro battaglie sono solo astratto alimento e oggetto di godimento e ammirazione d’intellettuali? O possono essere alla base di una nuova storia di autonomia? E questa è fantasia? O è aspirazione a una storia diversa. Poche chiacchiere! L’autonomia regionale in Costituzione è il frutto del compromesso fra le correnti politiche e culturali italiane egemonizzate dal moderatismo democristiano, che ha prodotto un risultato eccellente rispetto al passato, polemico verso il fascismo, ma non rivoluzionario secondo lo spirito della Resistenza. E, ancora, distaccato da molte storie locali, della Sardegna e della Sicilia, per esempio, sedi di antichi Regni. Il che non li rende comparabili oppure
omologabili alle altre Regioni.
La storia sarda da fine ’700 in poi, dalla affascinante e tragica avventura di Giommaria, anticipa la storia d’Italia che, dopo l’Unità ne è, per volontà dei Savoia, una replica, riveduta e corretta, ma sempre oppressiva e ingiusta. Un dominio, una feroce e violenta prevaricazione dei Piemontesi sui contadini e gli operai meridionali, come Gramsci e Lussu hanno messo in luce. Delineando anche l’alternativa, uno Stato federale democratico dei contadini e degli operai. Queste posizioni costituiscono poi lo sviluppo, il terminale della c.d. linea federale sarda che va ininterrotta da Angioy a Lussu. Che ne è di essa in Assemblea costituente? Ci sono parti o articoli della Carta fondamentale dei Sardi che la contemplano o la evocano? Essa si trasfonde nello Statuto? La questione o non è stata affrontata o se ne è parlato in astratto. Si può fare anche un’analisi più concreta, passando dalla elaborazione culturale e politica alla concretizzazione di essa nell’articolato dello Statuto. Su questo bisogna indagare per tabulas, carte alla mano. Chissà cosa ne verrà fuori.
Ma è quanto ci accingiamo a fare nelle pagine seguenti, con l’avvertenza che esse non vogliono essere niente più che delle notazioni, degli spunti rispetto a una questione che, ove si aprisse una procedura di revisione dello Statuto, richiederebbe ben altra trattazione.