“Umor vitreo” su Gli Amanti dei Libri
Umor vitreo – Paola Musa
“Ora lo capisco con chiarezza. Arriva un tempo in cui è meno faticoso perdonare che
serbare rancore.”
La frase presente nel libro che qui racconterò, e che ho scelto come incipit della mia
recensione, è rimasta lì per tanti giorni, proprio tanti, e continua a tenermi fermo
davanti ad essa, a guardarla come fosse un’opera d’arte, inquietante, sconvolgente,
perché dice tanto, quasi tutto.
Le parole ci sono donate da Paola Musa, affermata scrittrice, traduttrice, poetessa,
paroliera per tanti musicisti e premiata con numerosi riconoscimenti, che ha scritto
“Umor vitreo” quarto romanzo di una serie dedicata ai vizi capitali, pubblicato da
Arkadia Editore nella collana Eclypse: il vizio che percorre le pagine del romanzo è
l’invidia.
L’autrice ci fa raccontare da una signora anziana, ricoverata in una casa di riposo, la
sua vita vissuta in un paese immaginario, ma in un contesto sociale e temporale più
che verosimile, che rimanda a vicende purtroppo note al nostro Paese reale.
Le protagoniste del romanzo sono due donne, Ania Ledon, che conosciamo a 83 anni
in una residenza per anziani, e quella che avrebbe dovuto essere la sua amica del
cuore, Marla Naiges che conosciamo grazie al racconto di Ania stessa ad un
giornalista, della loro vita fin da piccole. Il vero obiettivo della curiosa intervista che
avrete modo di godervi leggendo il romanzo, è il marito di Marla, un essere umano
che potremmo azzardare a definire inutile, ma che si rivelerà determinante nello
svolgersi del futuro di questo fantomatico Paese. Nessuno poteva immaginare che
queste due bimbe, una invidiosa dell’altra, sarebbero diventate da adulte le
rappresentanti di due modi opposti di intendere la vita. Un sentimento
apparentemente così infantile, cresce come un cancro silente tra giochi, scaramucce, e
ingenui scambi di sguardi e parole, generando metastasi fatali. L’invidia cresce, e
muta nel tempo. Come una massa velenosa dimenticata sotto un sole cocente, si disfà,
si diffonde, avvolge gli animi e li stritola come fa il rancore. Toglie il respiro.
“Il preludio di ogni dittatura segue sempre le regole della semplicità.”
La famiglia di Ania è una famiglia che sta bene, non benestante attenzione, ma che
vive bene sostenuta da un padre professionalmente preparato, con un ruolo di
responsabilità in una miniera, molto importante in quel periodo storico, mentre Marla
e colui che con il passare del tempo le crescerà accanto e diventerà suo marito,
Arteno Gora, stanno sostanzialmente dall’altra parte della barricata. Non vivono
male, ma se gli altri si potessero definire i benestanti, questi sono i più sfortunati. Il
tempo passa, il tempo cambia le cose, chi sta bene forse pensa troppo a se stesso
(tutto cambia, nulla cambia), chi sta meno bene ad un certo punto decide che si può e
si deve cambiare. Gli schieramenti si capovolgono, chi prima era invidioso ora non lo
è più?
Non ne sarei troppo sicuro, e allora vi riporto una nuova frase estrapolata dal
romanzo, a mio parere molto vera:
“Viviamo di continuo nella falsa percezione di ciò che siamo o vogliamo realmente e,
quando lo capiamo, è sempre troppo tardi.”
Torniamo alla frase iniziale. Pensando al rancore, mi viene in mente la muffa che si
forma sul formaggio, o su altri prodotti che dimentichiamo nascosti dietro a vasetti e
cartocci nel frigo di casa, una vera trasformazione del prodotto originale che viene
avvolto da una sorta di lanuggine dai toni grigiastri o verdognoli che facilmente si
espande e trasmigra su prodotti vicini. Può l’invidia essere il male originario, può
l’invidia trasformarsi, generare qualcosa di più grave, farsi come dicevo metastasi.
Non ci avevo mai pensato in questi termini, per me l’invidia finiva là, dove il
desiderio smodato di qualcosa che non potevo e non avrei mai potuto avere, svaniva
nella coscienza dei limiti della mia condizione, lasciando come un filo di bava delle
lumache, ma questa storia mi ha fatto conoscere capitoli successivi di un romanzo
della vita probabilmente molto diffuso, potenzialmente molto pericoloso, realmente
sempre presente, spesso subdolo.
Mi è piaciuto moltissimo questo romanzo, e ringrazio molto l’editore che me lo ha
proposto. Chissà se, e perché, ha pensato potesse essere proprio il romanzo per me.
Forse non è stato così, e va bene ugualmente. Leggetelo e fatene tesoro.
Grazie all’autrice Paola Musa.
Claudio Della Pietà
“È strano, penso talvolta, come la gente sia capace di guardare dall’altra parte per
lunghissimo tempo, pur di non essere costretta a schierarsi e protestare contro certe
violenze e atrocità quotidiane, e come all’improvviso tutto quell’orrore risalga come
un conato, e ciò che fino a poco prima accadeva senza un moto d’indignazione o un
sussulto di dignità divenga, attraverso un singolo episodio, all’improvviso, una
miccia di pura, incontenibile rabbia.”
Claudio della Pietà
Il link alla recensione su Gli Amanti dei Libri: https://bitly.ws/W6Iw