“Nulla d’importante tranne i sogni” su SoloLibri
Intervista a Rosalia Messina, in libreria con “Nulla d’importante tranne i sogni”
Il nuovo libro della scrittrice siciliana Rosalia Messina “Nulla d’importante tranne i tranne i sogni” racconta con maestria il difficile rapporto tra due sorelle. L’autrice ne ha parlato con la nostra collaboratrice, Alessandra Stoppini, in questa intervista
Rosalia Messina, siciliana di nascita, giudice in pensione, è autrice della raccolta di racconti Prima dell’alba e subito dopo, (PerroneLab, 2010), dei romanzi Più avanti di qualche passo (Città del Sole Edizioni, 2013), Marmellata d’arance (Edizioni Arianna, 2013), finalista al concorso “Una storia per il cinema 2022”, Gli anni d’argento (Algra, 2015) e del libro per bambini Favole a colori (Algra, 2015).
Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Morivamo di freddo (Durango 2016); la versione teatrale del romanzo Marmellata d’arance, realizzata insieme alla sorella Anna, ha vinto il premio “L’Artigogolo 2017”, sezione “Drammaturghi esordienti” ed è stato pubblicato nella primavera del 2018, in forma monografica, dalla casa editrice Chipiuneart.
Sempre nel 2018, in digitale, ha pubblicato La vera storia del gatto con gli stivali (Oakmond Publishing), rielaborazione della famosa fiaba classica, il testo teatrale Orfeo – Andata e ritorno dal mondo delle ombre (Il Convivio), che ha ricevuto una segnalazione di merito al premio “Antonio Borgese” − sezione teatro – del 2018 e una al Premio “Teatro Aurelio” 2018, oltre che il premio “San Domenichino”, sezione teatro, nel 2019. Nel 2019, inoltre, l’autrice ha pubblicato la silloge poetica Cronache del disamore, (ed. Nulla Die); il breve testo teatrale inedito La madre di Donato (un monologo) ha ricevuto una segnalazione al premio Teatro Aurelio 2020. L’ultimo romanzo è La stagione dell’angelo (Chipiuneart 2020) (vedi nostra intervista). pubblicata il 16/12/2020, finalista al concorso “Una storia per il cinema 2023”. Lettrice appassionata, collabora con Letteratitudine, Sololibri.net con il nome di LiaLegge e 84 Charing Cross.
Da pochi giorni è disponibile il romanzo Nulla d’importante tranne i sogni (Arkadia Editore 2023, Collana “Eclypse”, pp. 176, 16,00 euro), dedicato “A Giovanni, mio figlio”, nel quale l’autrice racconta con maestria e stile coinvolgente il difficile rapporto tra due sorelle.
Ho molti peccati da espiare…
Rosalia, chi è Rosamaria Mortillaro detta Ro?
Ro è una persona non comune: nel bene e nel male, è difficile che le sue scelte non siano originali. Sa coltivare con tenacia la sua passione per la scrittura, che per lei è ragione di vita, dedicando una ridotta attenzione e pochissimo tempo a tutto ciò che esula dalla realizzazione degli obiettivi importanti. La sua personalità è complessa, ricca di sfaccettature difficili da cogliere se non la si guarda con occhi affettuosi, cioè come l’ho guardata io, man mano che il suo personaggio prendeva corpo e sostanza nelle pagine che andavo scrivendo, e come la guardano gli amici di vecchia data, il nipote Fosco e, soprattutto, l’amica e segretaria Anita.
Per quale motivo il rapporto di Rosamaria con sua sorella Annapaola è così conflittuale?
Perché tutto ciò che si tace, nelle relazioni umane, soprattutto in quelle familiari (ma non soltanto), diventa veleno che intossica, pianta carnivora, ruggine che corrode. Perché ognuno è portatore della sua verità: se le due verità che si fronteggiano non sono conciliabili, il dialogo diventa un percorso a ostacoli in cui il malinteso, lo scontro, l’offesa (reale o presunta) sono l’amaro pane quotidiano. Nel caso delle sorelle Mortillaro, Rosamaria sa di essere incline a mantenere, fra sé e il prossimo, una distanza che le consente di risparmiare le energie per investirle in ciò che ama davvero: scrivere. Ma si sente anche in colpa per questo e tenta di compensare la sorella Annapaola, detta Nana (e non solo lei) con la sua generosità. Si tratta comunque di un rapporto viziato, innaturale, in cui nel dare e nel ricevere si annidano aspettative che poco hanno a che fare con un sano, spontaneo scambio emotivo. Ro vorrebbe essere all’altezza di un ideale di donna giusta e generosa, vorrebbe essere perdonata ‒ e soprattutto perdonarsi ‒ per essere così tanto più dotata della sorella; Nana, a sua volta, prova per Ro un’invidia che ogni tanto la porta a inscenare un conflitto e ad allontanarsi, lasciando poi a Ro il compito di ricucire lo strappo. È un gioco delle parti che dura, come tutti i meccanismi di questo tipo, fino a quando uno dei partecipanti perde la pazienza e si sottrae al ruolo assegnato (o peggio, autoassegnato), facendo saltare gli equilibri.
Il rapporto tra due sorelle è l’emblema di un legame forte, fatto di benevolenza, complicità e sostegno reciproco. Però spesso non è così, perché?
È una gran bella domanda, alla quale è difficile trovare una risposta univoca ed esaustiva. Provo a dire quello che penso io. Perché un rapporto funzioni, ciascuno deve aver chiaro cosa prova per l’altro, anche con riguardo agli ineliminabili lati oscuri; non deve nasconderseli, non deve temere di guardarli e soprattutto di esprimerli. Bisognerebbe però riuscire a parlarne senza reticenza ma anche senza acrimonia, con lucidità. Insomma, sto parlando di una sorta di miracolo, perché durante gli scontri non è facile ricordarsi del bene che ci si vuole. Bisognerebbe essere capaci di litigare in modo costruttivo ma a caldo, non dopo avere a lungo taciuto, avere ingoiato il rospo e aver lasciato che il rancore si stratificasse. Quando la rabbia che a lungo è stata tenuta a bada finisce per esplodere, restano solo le macerie.
C’è un po’ di Rosalia Messina nel carattere particolare di Ro?
Pochissimo, direi. Sono tenace come Ro, ma non ho la sua spietatezza e, se devo sacrificare qualcosa per raggiungere i miei obiettivi, sacrifico ciò che appartiene a me: il sonno o la vacanza, per esempio. Sono molto più sentimentale di Ro, non ho la sua freddezza; sono permalosa ma non vendicativa: mi accontento di mettere una sana e siderale distanza fra me e le persone tossiche. Non ho tempo né energie per architettare vendette. Anche il mio approccio alla scrittura è diverso. Le mie motivazioni per scrivere sono due: scrivo per conoscere meglio la realtà (sì, solo le cose che scrivo acquistano per me una chiarezza definitiva, come se la scrittura le illuminasse dall’interno); scrivo per stabilire un contatto con chi mi leggerà, non solo con persone che conosco ma anche con perfetti sconosciuti. Insomma, scrivo perché mi sembra di avere qualcosa da dire e voglio dirla al maggior numero di persone possibile. Ro scrive invece soprattutto per il successo, per la fama. C’è un punto di contatto importante fra me e lei: come Ro, a un certo punto ho trovato intollerabile il frastuono di Catania e ho sentito il bisogno di allontanarmi. Appena ho potuto, sono fuggita. Ro si è allontanata di poco, io di molto.
A un certo punto la conflittualità sorda scappa di mano alle due donne e si avvia un’escalation di colpi bassi e brutte sorprese. Senza rivelare troppo, desidera descrivere la generosità di Ro e il suo forte senso di giustizia?
Ro sceglie di essere generosa perché è consapevole di quanto la sorte sia stata benigna con lei, regalandole bellezza, fascino, talento, forza di carattere. È umano ma stolto gloriarsi per tutte queste doti, che sono grandissime fortune, cioè doni immeritati: Ro lo sa. Il merito sta nel coltivare i talenti e le doti che si hanno, nel non sprecarli, nel fare un uso buono dei propri doni. Naturalmente sto semplificando molto, la personalità di Ro è più complessa. Durante il suo percorso evolutivo, a Ro a un certo punto accade qualcosa che le fa acquistare consapevolezza di ciò; allora inizia a sentirsi in debito verso coloro che hanno meno di lei. Ecco, è questo senso di colpa cosmico a guidare spesso le sue azioni. Senso di colpa che poi è una delle facce del suo senso di giustizia; un lato malato, se vogliamo, ma è questo il suo modo di vedere le cose. L’ingiustizia che le capita di subire, anche la piccola ingiustizia, scatena la sua rabbia; ma, come a volte succede, la ricerca di giustizia può scadere nel bisogno di vendetta. Riparare i torti (restituire a chi ha subìto un torto ciò che ha perduto) è impossibile. Tutte le forme di risarcimento costituiscono l’imperfetto sistema con il quale l’umanità tenta questa impossibile riparazione. Non intendo dire che il risarcimento è inutile, sia chiaro; intendo dire che il dolore che infliggiamo e che ci viene inflitto non può essere davvero e integralmente riparato, perché le cicatrici restano, nel corpo e nello spirito. Ancora più inutile è la vendetta, priva com’è della nobiltà dello scopo che caratterizza il risarcimento.
La bellezza sensuale della Sicilia è il fil rouge di tutto il romanzo. Ce ne vuole parlare?
Sono nata a Palermo, città bellissima, e ho trascorso quasi tutta la mia vita a Catania, città altrettanto bella. Si tratta di bellezze diverse, molto diverse, sia dal punto di vista della cornice naturale, sia dal punto di vista dell’architettura e dell’assetto urbano. Araba, normanna e spagnola Palermo; greca, romana e spagnola Catania; quest’ultima nera di lava solidificata, punteggiata dal giallo della ginestra e, periodicamente, dal rosso acceso del fiume di lava; e poi bianca di neve, in inverno, sulla sommità del vulcano. Più dolce il paesaggio attorno a Palermo, sdraiata tra la Conca d’oro e il monte Pellegrino. Diversi sono i colori e i profumi del Tirreno e dello Jonio. Se dovessi raccontare tutte le meraviglie dell’isola non finirei più; mi limito ad accennare al mare magnifico del siracusano e del ragusano, alla commovente bellezza dello Stretto di Messina, alla luce intensa del trapanese, alle rovine di Agrigento. Vogliamo parlare della lingua? Non esiste il dialetto siciliano, esistono i dialetti che si parlano nelle diverse zone dell’isola, gli accenti diversissimi, le parole e i modi di dire palermitani che a Catania non si conoscono e viceversa. Il cibo meriterebbe poi diverse pagine, perché anche qui le meraviglie e le differenze fra una zona e l’altra sono tante: cito i celebratissimi cannoli di ricotta, che hanno personalità differenti nella parte occidentale e in quella orientale dell’isola, i primi piatti caratteristici delle due aree, le ricette della caponata di melanzane che non è esattamente lo stesso piatto a Catania e a Palermo. E che dire degli odori? Di zagara, di gelsomino, di salsedine, di pesce fritto, di brioche ‒ quelle col tuppo, appena sfornate, da inzuppare nella granita, che soffici e fragranti come in Sicilia non si trovano in nessun posto ‒, di origano…
Aveva coltivato i suoi sogni con determinazione e disciplina”. Quanto sono importanti nella vita i sogni?
I sogni a occhi aperti sono, io credo, il motore delle nostre azioni. I sognatori a cui sto pensando non sono i velleitari svagati, gli indolenti, che mi sono pure simpatici e di cui magari scriverò in un altro romanzo. Non sono coloro che vivono nella contemplazione compiaciuta di fantasie sterili (lo dico con tenerezza), sono coloro che si impegnano per dare sostanza a ciò che hanno sognato, costruendo il loro mondo attorno al desiderio che li anima. Perseguono i loro scopi vitali con pazienza, senza arrendersi se qualcosa durante il percorso va storto, ricominciando da capo dopo le battute d’arresto e le delusioni. Per esempio, ho iniziato a scrivere questo romanzo, al quale tengo molto, nel 2018. Allora ancora lavoravo; scrivevo perciò soprattutto in estate. Rispetto alla primissima stesura ci sono state rivoluzioni e approssimazioni successive: parti ampliate, parti soppresse, capitoli aggiunti, diversi editing e buoni consigli e sfoghi accorati e momenti di disperazione. Ma non ho mai pensato di mollare. Mentre editor e agenti leggevano, mi dedicavo a scrivere e pubblicare altre opere, anche con soddisfazione. Ma non dimenticavo mai Ro e Nana e gli altri personaggi. La grande svolta è arrivata con l’editing di Valeria D’Ambrosio: da lì in poi, passo dopo passo, sono arrivata alla lettura del testo da parte di Riccardo Mostallino Murgia che ha deciso di pubblicarlo.
Nella Sua veste di collaboratrice di sololibri.net, qual è stato il libro più interessante che ha letto ultimamente?
Scelta davvero difficile! Tutti i libri che ho recensito per Sololibri mi sono piaciuti, altrimenti non li avrei commentati. Diciamo che nutro un amore particolare per le opere di Gianfranco Calligarich e, in particolare, per L’ultima estate in città (edito per la prima volta nel 1973 e ripubblicato da Bompiani nel 2016), un mio libro di culto.
Alessandra Stoppini
Il link all’intervista su SoloLibri: https://bitly.ws/VduZ