Testimonianze di un’orgia poetica
1. RITRATTO DI VIRGILIO
ALL’INFERNO
(Cento anni di Virgilio Piñera)
Parliamo dunque con i vivi
fino a quando sarà possibile.
Virgilio Piñera, Allocuzione contro i necrofili
1. Non era un uomo alto, ma straordinariamente magro, con un’andatura corta e leggera, che faceva largo uso della punta dei piedi, come se camminasse sui lucernari. Dalle fotografie, conosciamo la fronte ampia, il naso ricurvo, il mento piccolo, le labbra carnose, che formavano quello che supponiamo essere un profilo di falco pellegrino, dantesco. Le fotografie non rivelano però il fascino degli occhi, di un colore tra l’ambra e il verde, con un misto di tristezza, malinconia, intelligenza e, naturalmente, mordacità. Miope negli ultimi tempi, per strada portava occhiali antiquati, di quelli che si chiamano afachici. Le fotografie non rivelano nemmeno la bellezza delle sue mani, di una strana giovinezza. Se avesse voluto nascondersi e mostrare soltanto le mani, si sarebbe detto che fosse un ragazzo di vent’anni. La voce sembrava uscire dal fondo di una campana di latta. L’intelletto e, di conseguenza, il senso dell’umorismo erano accompagnati da un’immaginazione sempre viva, un tratto che lo ringiovaniva ancor più. Aveva sortite da adolescente. Era giocoso, intellettualmente giocoso, e non so se l’espressione sia appropriata. Voglio dire: giocava con le idee e, pur sapendo essere serio, la sua conversazione era sempre piena di paradossi e, soprattutto, di incitamenti, di opinioni e concetti che poi, quando si congedava, risuonavano con l’intensità dei rintocchi di quella stessa campana di latta da cui fuoriusciva la sua voce. Con poche eccezioni, si vestiva come un uomo che si prepara al taglio delle canne (anche se lui avrebbe detto che si vestiva come uno che va per i campi a “erborare”): scarpe che, pur non essendo stivali, ci assomigliavano. Erano quelle che regalavano con i tagliandi nei centri di lavoro; pantaloni a gamba larga, di pessima tela; una camicia color cachi con tasche a pattina, di una taglia sopra. Pulito e ben stirato, anche se sosteneva di lavarsi solo il sabato. Non sudava mai, nemmeno sotto il più perverso dei mezzodì. Il sacco di iuta con il quale andava a “foraggiare” (un verbo molto usato a quei tempi, con il suo carico di scorrazzate, perlustrazioni e mangime per cavalli) e con il quale si recava fino alle pasticcerie di Zanja e Belascoán, in cerca dei pies de guayaba, non sembrava nelle sue mani un sacco di iuta. C’era qualcosa di distinto in quell’uomo chiamato Virgilio Piñera, che lo distingueva dal resto delle persone che prendevano un caffè al chioschino del night club Las Vegas, di fronte a Radio Progreso, o che foraggiavano andando su e giù con sacchi identici per le strade di Infanta e San Lázaro.