“La scrittrice obesa” su Tasti e parole
LA SCRITTRICE OBESA di Marisa Salabelle
La Scrittrice obesa è il primo libro che leggo dell’autrice, Marisa Salabelle, consigliata da un’amica. Non poteva che intrigarmi un simile testo, dal momento che anche per me scrivere è una grande passione, unita alla lettura. Copertina e titolo sono assai invitanti: l’immagine della signora piena e abbondante di Tiziano Vercellio nel suntuoso abito porpora è senz’altro un punto a favore del libro, oltre al tema della scrittura, al fascino della letteratura e dell’arte dello “scrivere”. Susanna Rosso è una giovane donna che ama la scrittura più di ogni altra cosa al mondo, parimenti solo al cibo di cui si nutre in maniera eccessiva e sregolata, tanto da diventare obesa. Orfana di padre, e poi anche della madre, rimane sola nell’appartamento di famiglia, dedicandosi soltanto alla scrittura, producendo racconti, romanzi, riflessioni, lettere a personaggi famosi e case editrici (Mondadori, Woody Allen, Ginzburg, Guccini, Tolkien, Roth, perfino Dio…) senza averne mai una risposta. In quelle lettere si avverte tutta la sua rabbia, l’odio ma anche la presunzione di non essere riconosciuta per quello che invece crede e sente di valere. Colpisce subito la personalità di Susanna, (di cui seguiamo l’intero percorso di vita, giovane trentenne, donna matura e infine anziana), quel suo modo arrogante e presuntuoso di divorare il mondo (insieme al cibo), mondo che non l’ascolta, che continua a ignorarla nonostante le ripetute sollecitazioni. Ciò fa aumentare tutto il suo rancore, la frustrazione, l’insoddisfazione, che sublima sì scrivendo, ma riempiendosi fino all’ inverosimile di cibo malsano. Nemmeno Lorella, sua amica di infanzia, e suor Consolazione, che cercano di aiutarla, riusciranno a parte sporadici momenti, a farla deviare dalla sua folle discesa verso l’autodistruzione. Nonostante sia una perdente, vittima di un destino che le rema contro (e quindi soggetto facile all’empatia del lettore), mi è stato difficile simpatizzare con lei, stare dalla sua parte, forse per questo atteggiamento troppo rabbioso, egocentrico, superbo e ostinato che non lascia spazio agli altri. Il suo continuo piangersi addosso e rimpinzarsi di cibo per colmare il vuoto dell’insuccesso, senza prestare ascolto a ciò che accade intorno, rifiutando il rapporto e il confronto diretto con gli altri, non me l’ha fatta amare. Certo, ciò che Susanna afferma sull’editoria è molto vero, e spesso non basta il talento da solo a dar vita a uno scrittore apprezzato, occorre anche una buona dose di fortuna e conoscenze. Susanna può esserne l’esempio, ma non è certo l’autodistruzione, far terra bruciata intorno a sé, la modalità corretta per risolvere il problema. In tutta sincerità, il personaggio di Susanna, non mi ha entusiasmato granché. Avrei voluto sentire e capire meglio le motivazioni, i pensieri, i veri sentimenti che ribollivano sotto tutto quel panno di grasso, oltre la rabbia e la frustrazione (sono le uniche emozioni che sono riuscita a percepire) di non riuscire a sfondare in quel talento che solo lei, Lorella e la suora riconoscono. L’ho trovata insomma un personaggio un po’ piatto, e anche la storia, la trama (che per me non è elemento fondamentale) piuttosto uniforme (in cui si ripetono le continue abbuffate, le ordinazioni del cibo a domicilio, le liti con la vicina di casa…) senza consistenti alti e bassi da creare un ritmo più brioso e coinvolgente. Sicuramente è un mio gusto personale la scrittura più intimistica, quella che approfondisce più la psicologia del personaggio, le emozioni, i tormenti interiori, le paure, i dubbi, le sicurezze… e forse qui non ne ho trovata abbastanza. La struttura del romanzo è sicuramente interessante e ben impostata, con l’alternanza dei punti di vista (in terza persona onnisciente e in prima persona quando parla Lorella, l’amica), altrettanto l’idea delle epistole o mail ai grandi personaggi (coloro che ce l’hanno fatta) in cui la protagonista esprime tutto il suo risentimento. Assai suggestivi sono i passi in cui Susanna, ormai chiusa nel proprio mondo, isolata da troppo tempo, immersa completamente nella scrittura, comincia a confondere la realtà con la finzione: i due mondi (realtà e immaginario) si fondono, formandone uno solo, unico e vero, ma soltanto per lei. Gli incontri tra Susanna e i suoi personaggi, i quali molto spesso si lamentano con lei per la sorte che ha destinato loro, sono davvero ben costruiti e memorabili. «Perché mi hai fatto i piedi palmati? Si può sapere cosa ti è saltato in mente?» ,«Il cancro mi sta divorando, ho dolore indescrivibili!»,«Già mi ha dato un cognome assurdo, c’era bisogno che mi facessi venire pure la sclerosi multipla?»,«Sadica!», «Pervertita!», «Assassina!» La scrittura è fluida, nitida, competente, sicuramente una piacevole lettura, anche se alla fine, per tutte le ragioni anzidette, mi ha lasciato una sensazione di mancanza, quel vuoto che la protagonista avrebbe senz’altro riempito, con un bel bignè alla crema, o forse due.
Antonella Cipriani
Il link alla recensione su Tasti e parole: https://bit.ly/3o7URuH