“Palazzo Leoni” su Casa Lettori
“Palazzo Leoni” Davide Ficarra Arkadia Editore
“In via Cerafulli al Villaggio Santa Rosalia a Palermo, c’è un palazzo di otto piani, un condominio abbastanza moderno costruito poco dopo il 1960. In questo palazzo colorato di giallo ocra, con alcune parti dipinte in grigio scuro e bianco, ci sono diciotto appartamenti, due per ogni piano che in totale sono nove incluso il piano terra”. Nella premessa di “Palazzo Leoni, pubblicato da Arkadia Editore, colpisce subito il tratto narrativo. Essenziale, descrittivo, immediato. Il lettore entra a far parte di una comunità, la conosce, la studia, ne intuisce le differenze caratteriali. Geniale l’idea di dividere il romanzo in capitoli che costituiscono piccoli racconti. Ognuno è dedicato ad un nucleo abitativo e segue un percorso ideativo differente. Incontreremo impiegati, vedove, piccoli commercianti, insegnanti. Nelle case, nelle stanze, negli spazi condominiali fluisce la vita con i suoi alti e bassi, i misteri, le impennate, le liti, le amicizie e i contrasti. Alcune storie hanno tratti noir, altre antropologiche. Al centro c’è sempre l’attenzione all’essere umano e alla modalità con cui reagisce agli eventi. Ma c’è qualcosa di più: l’ubicazione geografica del testo. Siamo a Palermo, città di sole e di mare, di luci e ombre. Davide Ficarra riesce a cogliere l’anima della metropoli siciliana catturandone le sfumature. Sceglie un quartiere popolare che conosce bene e non gioca sui soliti paradigmi obsoleti delle periferie come non luoghi. Gli interessa dimostrare le connessioni tra generazioni e ceti sociali, recuperare quel substrato culturale e tradizionale che ognuno si porta dietro. Regala uno spaccato della sicilianità vera, conflittuale, complessa, intrigante, divertente, spaccona. Non indugia su stereotipi abusati ma fa intravere in controluce quel miscuglio di bene e male, di bianco e nero che alberga nel cuore di ognuno. Marcate le similitudini con l’opera dei pupi modernizzata, con i cunti che si tramandavano oralmente. Interessante il costrutto del racconto breve che parte in maniera lineare e piano piano raggiunge un apice che spesso spiazza il lettore. La lingua è curata, il dialetto sembra un’incidentale necessaria a sottolineare il legame tra passato e presente. Una commedia all’italiana che ha una sua autonomia intellettuale. Un viaggio originale con moduli stilistici ben organizzati, una verve linguistica sciolta, un paesaggio interiore molto profondo. Un omaggio alla sua Terra e a noi siciliani, liberi dalla schiavitù di stereotipi.
Maria Anna Patti
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