“I segni sulla terra” su Libertà
Misericordia, antidoto alla paura
Tra le pagine del romanzo «I segni sulla terra», di Marco Truzzi
“Che cosa è rimasto, adesso, da quando c’è la crisi, del successo, della qualità e di tutte le altre cose che per Luciano hanno sempre avuto un’importanza capitale?”.
“Chi non ha rimpianti non si perde niente, ma chi non perde niente forse non ha nemmeno vissuto. Ha presente quella storia del figliol prodigo?”. “Non hai mai abitato in nessun altro
posto. Come fai ad avere paura di casa tua?”.
Per presentare il romanzo I segni sulla terra pubblicato quest’anno da Marco Truzzi (Arkadia, 220 pagine, 16 euro) ho scelto un incipit siffatto perché è un libro pieno di domande.
Anche tante frasi che non terminano con il punto interrogativo sono in realtà delle provocazioni alla libertà e alla coscienza del lettore. Marco Truzzi è nato e risiede a Correggio. Laureato in Filosofia, giornalista pubblicista, è autore del monologo teatrale Tutto quello che è accaduto a Tony Broz (da cui è in seguito nato il libro Caffè Hal, Tel Aviv. Tutto quello che è successo al Signor T.B.); ha scritto diversi racconti e nel 2011 ha pubblicato il primo romanzo, Non ci sono pesci rossi nelle pozzanghere (Instar), con cui ha vinto il Premio Fortunato Seminara e il Premio Bagutta
Opera Prima. Tra il 2014 e il 2016, insieme al fotografo Ivano Di Maria, ha realizzato l’inchiesta fotografica Viaggio sui confini dell’Europa, che ha ispirato il libro-reportage Sui confini (Exòrma, 2017). I segni sulla terra è dunque il secondo romanzo di questo autore, che sviluppa differenti trame – non parche di colpi di scena – attraverso lo sguardo di sette personaggi. Proprio per la concatenazione che viene a determinarsi tra le vite dei narratori in prima persona, sarebbe un peccato tentare una sintesi, che probabilmente non avrebbe altro effetto che rovinare il piacere
della lettura. Do solo le coordinate essenziali per inquadrare il “tutto”, premesso che ogni personaggio, in questo romanzo corale, riceve uno zoom nel capitolo dedicato. Ebbene, Marco Truzzi ci trasporta a Cogrosso, luogo immaginario però realistico, “summa” di tante province conosciute, vissute e apprezzate – a differenza di scrittori magari più blasonati che si limitano a identikit negativi o tratteggiano con la nostalgia di chi se n’è andato un territorio che non esiste più – e ogni possibile comparazione con Correggio… la lasciamo al giudizio del pubblico. In questa provincia un po’ chiusa, in cui la crisi flagella l’economia e fa perdere a tante persone posizioni sociali conquistate nel tempo, dove si organizzano ronde di quartiere per la sicurezza, dove è difficile evadere dalla routine senza che qualcuno se ne accorga perché si è costantemente esposti, vivono i Cantagalli, piccoli imprenditori che amministrano, oltre all’azienda “patriarcale” e non diversamente da quanto succede nella saga di tante famiglie, una serie di segreti, omissioni, piccoli e grandi tradimenti. Da questo punto di vista, I segni sulla terra affresca la decadenza di un ceto borghese demolito dalla globalizzazione, con le sue delocalizzazioni, e dalla fluidità dei rapporti personali. Ma Truzzi, come spiega lui stesso ai nostri microfoni – presto ospite anche del nuovo programma diocesano “Diamoci del NOI”, su La Libertà Tv – non ha costruito l’opera a partire dall’intreccio delle vicende dei protagonisti; si è prefissato, piuttosto, di affrontare un argomento chiave. Se in Non ci sono pesci rossi nelle pozzanghere il leit motiv era quello della memoria, nel nuovo romanzo si tratta della misericordia. Ogni attore a un certo punto della sua storia s’imbatte, di nuovo,
in una domanda aperta: come ci si offre alla misericordia altrui? Cioè la misericordia non è la stessa cosa della carità o della benevolenza e in ogni caso non è solo un abito che indossiamo nel presentarci al prossimo, ma occorre anche lasciarsi fare oggetto di misericordia, ci suggerisce Marco Truzzi pagina dopo pagina.
Se lo sfondo dell’intero testo è la provincia, con i suoi chiaroscuri e le sue ambiguità, oltre alla misericordia ci sono altri temi che affiorano in superficie. Il primo, come riconosce lo scrittore, è la paura. Tutti i personaggi sono alle prese con una qualche forma di crisi – economica, di lavoro, del matrimonio, della parentela … – e ciascuno, a modo suo, deve vedersela con la paura di perdere la propria identità all’interno della comunità in cui è radicato. Le reazioni sono differenti, e non mancano prove di coraggio e generosità; la misericordia appare come antidoto alla paura.
Leggendo I segni sulla terra ho incontrato anche altri temi, più o meno sottotraccia, e li aggiungo in calce a questa sorta di recensione: la caducità della vita, la fatalità che può trasformarsi in provvidenza, la responsabilità e insieme la labilità delle relazioni umane. È certamente un romanzo figlio dei tempi che viviamo. E da cattolico, Truzzi ha seminato abilmente fra le righe anche la “nostalgia” di Dio, a partire dalla considerazione che la persona è, o dovrebbe essere, lo specchio del Creatore. Di sicuro – e da autore di racconti mi riconosco
in questa affermazione di Truzzi – lavorare sulla scrittura di invenzione non è meno faticoso che riferire meri fatti o esprimere opinioni: a volte una storia di fantasia mette più a nudo di un curriculum vitae.
Edoardo Tincani