“Folisca” su Thriller Storici e Dintorni
Folisca – Miriam D’Ambrosio
All’anagrafe era Rosetta Andrezzi, nei teatri era nota come Rosetta di Woltery, per il suo amato era Folisca. Tre nomi per una donna potrebbero essere troppi, non per la protagonista di questo romanzo che l’editore Arkadia ha portato in libreria a luglio scorso. Di lei ne scrisse già Leonardo Sciascia negli anni ’80, quando di questa giovanissima donna non c’era più che una traccia, un nome su articoli di giornali, e non certo celebrativi di qualche suo successo teatrale, ma articoli di cronaca che raccontavano del suo suicidio rivelatosi poi un omicidio, omicidio del quale Sciascia ricostruì l’esatta dinamica. Ma il libro della D’Ambrosio vuole celebrare a tutto tondo questa donna per la quale, come dicevamo, tre nomi non erano nemmeno abbastanza, tanto erano forti la sua personalità, il carattere e la determinazione. Tre nomi che rappresentavano, in un certo senso, tre fasi della sua vita: ciò che era per appartenenza di nascita, ciò che era per sè stessa (la donna di teatro) ciò che era per il cuore in cui fu accolta e cullata. Rosetta, figlia di lavandaia “in un tempo in cui si lavavano più gli indumenti che i cristiani” ,per necessità familiare si fa prostituta mascherata da cameriera al servizio di un cavaliere nelle pause di costui tra una vedovanza e un secondo matrimonio Mi aveva comprato, educato, vestito, spogliato, mi aveva dato un ruolo in quella casa, una divisa da cameriere riverente e abbottonata fino all’ultimo bottone. Un uomo che però le riconoscerà la libertà allorquando si rende conto che Rosetta ha un talento: la musica e il canto. È dotata in quest’arte e la affiderà alle lezioni di Madame De Chamery.Da qui inizia una nuova vita per Rosetta e il romanzo, che fin qui aveva visto la sola voce di Rosetta, ora ha una nuova voce narrante, quella del Cavaliere, ma anche un secondo occhio che si apre sulla storia, sulla vicenda e sulla vita di Folisca, e inizia a diventare un romanzo corale. Ho scoperto il tuo talento e ho voluto che vivesse: da quel momento non ho più potuto sentirti mia. Forse questa è stata la tua salvezza: lasciarti al canto, a una vita da immaginare. E le voci si fanno tre, quando sulla strada di Rosetta si pone quella del Buterin, un borsaiolo, un colluso con la ligéra, la malavita. Sarà da lui che andrà a vivere – dopo una breve parentesi a casa di Leda, un’amica con la quale ha molte affinità ma al cui mondo non sente di appartenere – instaurando con quest’uomo un rapporto di autentica amicizia, che durerà fino alla fine dei giorni di Rosetta. Lei che riusciva a vedere “un senso anche in quella malavita umida e notturna, a suo modo leale e capace di pietà. La voglia di una vita più giusta era dentro noi tutti. Realizzarla in maniera onesta, evitare lo sbando, scantonare, questa era la parte difficile” Ma l’amicizia col Buterin, suo malgrado, la porterà alla rovina: la quarta voce narrante entra prepotente in campo. Ed è ancora quella di un uomo, il Musti, guardia carceraria che la nota nelle visite regolari che Rosetta fa al Buterin. La osserva, la segue, ne resta ossessionato, la vuole, ma non riesce a fermare i propositi della giovane di ottenere indipendenza né a spegnere e la sua voglia di cavalcare il palcoscenico dei teatri. L’aria di una vita diversa cominciavo a respirarla e nessuna prepotenza mi avrebbe trascinato ancora a essere corpo muto e pronto, carne da passeggio destinata a sfiorire presto, come fanno i papaveri colti nei campi che non durano nemmeno il tempo di uno strappo.
E quell’aria nuova sta per arrivare, Rosetta è a un passo dal sogno che si fa realtà: è stata scritturata per due spettacoli a Genova e a Napoli. E da questo momento forse prende corpo la parte più bella di un libro che finora ha regalato ben poco. La partenza è vicina, il tempo è maturo perché Rosetta veda realizzarsi il sogno di vedere il suo nome sui cartelloni pubblicitari, ma il destino ha in serbo altro per lei. Non le luci della ribalta, ma il nero di una strada di Milano che la inghiotte, il buio che la prende con sé. Altre voci si aggiungono al coro: quella della mano che ha comandato al buio di impossessarsi di Rosetta e quella di colui che, con determinazione si impegnò a restituirle un poco di luce. Io, Benito Mussolini, confermo che le nostre tempestive indagini portarono dunque la verità che agli ultimi, quasi mai, rende giustizia. Tuttavia, nessuno pagò per quel delitto. Un Mussolini sorprendente nella sua voglia di verità e giustizia, ma erano ancora i tempi in cui era direttore dell’”Avanti”, per lui ci saranno ben altre ribalte, mentre per Rosetta di Woltery c’è stata solo la certezza che non diventerà mai il mito che lei sperava di essere. Il romanzo potrebbe essere definito un lungo flusso di coscienza della protagonista e di questo genere, forse, ne paga un po’ lo scotto, poiché la lettura, dopo il primo impatto, diventa molto statica. La quasi totale assenza di dialoghi a favore di lunghi monologhi dei personaggi con se stessi rende la lettura stancante. Ciò che emerge è il desiderio che, evidentemente, aveva l’autrice di raccontare non il mito, non l’indagine sulla sua morte, ma la donna. E in questo è pienamente riuscita nell’intento. Pro: la giusta misura del romanzo, la scrittrice dimostra di sapere quando è il tempo di mettere un punto; la scelta della coralità, di dare voce anche agli uomini che hanno vissuto per Rosetta e che di lei si sono in qualche modo cibati. Contro: Un po’ di noia nella prima metà del libro: poche emozioni e poco dinamismo.
Serena Colombo
Il link alla recensione su Thriller Storici e Dintorni: https://bit.ly/3TL81su