“Folisca” su La casa delle storie
Recensione in anteprima Folisca di Miriam D’Ambrosio
È una notte d’estate del 1913 e una ragazza che sogna di riscattare la sua vita viene aggredita violentemente da chi per mestiere dovrebbe far rispettare la legge. Diranno che quello che è successo non è mai avvenuto. Diranno che era solo una prostituta, una poco di buono, una poveretta che si è suicidata con il veleno usato da quelle come lei. A smentire la versione ufficiale è il giornalista che non ti aspetti, quando ancora credeva nella verità. È il direttore del quotidiano socialista e presto farà tremare il mondo. Questa è la storia di Rosetta Andrezzi, personaggio realmente esistito, una giovane sciantosa, fragile e affascinante. Nei teatri italiani la conoscono come Rosetta di Woltery. Il suo nome verrà ricordato per sempre nelle canzoni della mala milanese, la leggendaria ligéra. Sullo sfondo di una Milano immersa nella Belle Époque, nella magia dei café chantant e della vivacità artistica di giovani letterati che si tuffano nella modernità, con l’apocalisse della Grande Guerra alle porte e le contraddizioni di una democrazia immatura, la storia di Rosetta, del suo amore e della sua breve vita diventano il simbolo di un periodo travagliato e ricco di fermenti.
Introduzione
A volte ci sono storie piccole come un guscio di noce che nascondono al loro interno qualcosa di grande, in riparo dal tempo per non farla deteriorare, un tesoro prezioso da custodire. Vita e storia hanno bisogno di qualcuno cui abbandonarsi per raccontare le fragilità esistenziali di ogni epoca. Chi capirà quei segni sul volto, lacrime amare che si confondono col mascara di un trucco di bellezza che svanisce appena si tocca con mano l’ennesimo fallimento. Chiudi le imposte del cuore, perché hai deciso di incolparti di uno sbaglio che fatichi a sentire veramente tuo, perché in fondo al cuore c’è una vocina che sa la verità. A volte s’insabbia per comodità e non rovinare quell’equilibrio che però si fonderà sempre su qualcosa di fittizio e menzognero. Ḕ pur vero che per denunciare il solo animo intriso di dolore non basta, ci vuole anche qualcuno disposto ad ascoltare che non metta alla vicenda la pietra del silenzio. Una doppia tomba sulla vita ingiustamente lacerata. Una nuda carnalità che racconta più di quanto dovrebbe. Dalla finestra sul mondo si percepisce che quest’ultimo è in festa e che risplende una luce quasi accecante ma comprendi che quel sole non è lì per te. Il bagliore della tua stella si sta lentamente spegnendo. Affiorano gli ultimi ricordi mentre muta il colore della tua pelle. Livida. Pallida. A quel pallore affidi il tuo segreto inascoltato, narrato da libri e canzoni, perché l’arte ti ha innalzato a figlia del bel canto e donato l’immortalità. La giustizia spesso ha un colore strano, si resta ingiustamente impuniti eppure ogni passaggi non sono vani perché lo sai che tra le molteplici persone incontrate, tra le luci e le ombre del domani ci sarà qualcuno disposto a far rivivere la tua scintilla .
Aneddoti personali
Quando lo vidi pubblicizzato per la prima volta sui canali social della casa editrice, si stava allestendo la nuova edizione del Salone del libro di Torino. Arkadia si era inventata, una sorta di rubrica chiamata “Prima che tu dica pronto “ Ogni nuovo autore avrebbe raccontato un po’ del libro di prossima pubblicazione. Quando lessi la sinossi, compresi subito che Folisca sarebbe stato qualcosa di grande. Non immaginavo così. Un romanzo che è andato oltre le mie già alte attese. Non conoscevo l’autrice ed è stata un’autentica e piacevolissima sorpresa. La lettura è velocissima non solo per la brevità del testo ma perché Miriam e Folisca prendono il lettore per mano e lo conducono nei sentieri del dolore e della Storia. Personalmente sono stato totalmente rapito fino all’ultima pagina e sentivo le emozioni traboccare dal cuore. Mi hanno parlato a lungo e mi auguro di riuscire a tramutarle in parole e raccontare questo romanzo come merita . Ḕ stato un libro magico che mi ha fatto ricordare perché qualche anno fa, scoprendo questa casa editrice mi sono innamorato della loro narrativa. Ringrazio il mio grande amico Patrizio per avermelo mandato e sono felicemente costretto a concordare con un messaggio che mi ha scritto in accompagnamento al libro perché Folisca è un grande romanzo cui auguro tantissimo successo. Miriam davvero grazie con tutto il mio cuore per tutto quello che mi hai saputo regalare.
Recensione
È buio sul palcoscenico della vita mentre il pubblico con innata eleganza occupa il proprio posto per assistere a una rappresentazione che fin dall’inizio appare atipica. Nella penombra dell’esistere entra improvvisamente lei. Luce . Al centro della scena una donna col volto di bimba, un viso stranamente pallido come un ritratto di morte, mentre dovrebbe essere raffigurazione di vita. Si leva un mormorio, che termina tutto con ingiustizia, ma quante cose sono ingiuste nella vita e troppo spesso l’unica reazione è l’indifferenza, anche di fronte alla morte delle donne delle madri che hanno un nome e una storia da raccontare. Eppure al centro c’è lei che tutto questo non è stata, perché un suo simile aveva scritto il capitolo finale ancor prima dell’inizio. Simili solo nella nuda carne, perché lei la rabbia l’ha sempre conosciuta attraverso lo sguardo degli altri. Non le è mai appartenuta veramente. Che poi che cosa ha avuto di veramente suo nei pochi anni? Il suo unico tesoro è quello che sta usando ancora adesso . Con la sua voce acclama sempre più pubblico, affinché anche quelli delle ultime file possano ascoltare. Lei che tra gli ultimi era nata e ritornata, nonostante volesse distaccarsene per inseguire la gloria del bel canto. Ed è così che come una dolce e delicata sirenetta ammalia tra le note, con la potenza di uno sguardo e i movimenti suadenti di un corpo dalla femminilità appena pronunciata. Ogni suo movimento è stato sempre leggiadro come danza di foglie autunnali, cerca di non calpestare quelle sorelle con i piedi scalzi mentre ha deciso di indossare quell’abito non ancora accorciato . Ḕ quella la serata giusta . si sta per compiere il suo ultimo atto, la quarta parete è più solida e fragile del solito come il dualismo che intercorre tra corpo e anima che ne racconta integrità e lacerazione. Ed è così che come una Turandot inizia a cantare che il suo nome nessun saprà e che il mistero sarebbe rimasto nel suo corpo. Canta che nella Milano di fine Ottocento in principio lei fu Elvira, l’ultima di nove figli, nove bocche che non potevano nutrirsi di povertà e miseria, perché a morsi sarebbero finite pure quelle e con una coperta piena di briciole di niente Elvira imparò l’arte del sacrificio e con la dignità del lavoro come balocco incontrò il Cavaliere, l’uomo che per alcuni anni avrebbe servito. Lei come una moderna Pamela voleva mantenere integra la sua virtù, il suo Mr. B non la sposò, le donò affetto e le fece scoprire il suo talento. Studiava musica mentre letteratura e vita continuavano a impregnarsi del marchio Gautier, cui anche lei cedette. Penetrazioni cui non era permesso accedere alla camera dei segreti composta di un letto d’amore e sogni. Quei sogni che trasformarono Elvira in Rosetta. Lustrini e paillettes di uno spettacolo stroncato che nell’accecante e torbido bagliore novecentesco, poteva essere invece non è stato. L’autrice lo racconta dettagliatamente in trentatré capitoli che si caratterizzano per la brevità. La vera forza del testo non è soltanto la vicenda ma anche la scrittura. Lo stile è, infatti, squarciante, lacerante, ma riesce a incantare mantenendo intatta la raffinata bellezza. La scrittrice regala ai lettori un accurato affresco storico novecentesco. La virilità di stampo brancatiano, la sottomissione femminile, il diritto inviolabile di vivere, si mischiano nel ricordo delle inchieste sciasciane. Seguendo le orme del celebre autore D’Ambrosio dissipa la nebbia della dimenticanza, a ogni capitolo aggiunge un tassello e il lettore costruirà il suo puzzle e solo alla fine forse si completerà il ritratto. Il pubblico in teatro ascolta rapito quando dal seno della giovane non esce latte alcuno bensì ombre. Le ombre degli uomini che ognuno a loro modo l’hanno amata e ricordata. Diari del cuore che la scrittrice alterna alle vicende biografiche della protagonista che danno al romanzo un taglio ancora più introspettivo. Rosetta, Arturo, Leda, Gino, Attilio e gli altri sono personaggi appartenenti alla sfera degli ultimi e dei vinti che provano a rialzarsi con dignità dopo aver compiuto talvolta rovinose cadute nell’illegalità. A chi di loro sarà riservato un riscatto? In quel 27 agosto 1913 Rosetta nata dalla polvere ad essa ritornò e nelle pagine c’è una numerologia cristianizzata che si fa simbolicamente velata simbologia di ingiustizia e innocenza . A indagare un giovane Benito all’alba di essere Mussolini. Non c’è solo drammaticità ma anche un tenero e commovente sentimento. Una scintilla d’umano amore, ardente come il fuoco ma anche dolce e ingenuo come il sorriso di un bambino. Il mito Bovary è il perfetto escamotage per insabbiare, ma allora dove sta la verità? La triste biografia di una donna bambina, una margherita, una rosa non ancora colta che nonostante l’epilogo, dell’agognata e amata libertà divenne inno .
Francesco De Filippi
Il link alla recensione su La casa delle storie: https://bit.ly/3Duktaw