La riva lontana

Sul finire dell’Ottocento, in un’epoca di forte spinta migratoria, migliaia di uomini e donne abbandonarono la Sicilia per trasferirsi in Tunisia, con la certezza di trovare lavoro in quei cantieri che la Francia colonizzatrice andava aprendo nel territorio. Intorno alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, in seguito al movimento che portò all’indipendenza della Tunisia, la collettività italiana dovette abbandonare, insieme ai propri averi, quella che era oramai la sua vera e unica patria. Da tempo francesizzati, i discendenti di quegli emigrati non conoscevano niente del paese d’origine. In questa diaspora si disperse anche quella cultura, elaborata nell’arco di un secolo circa, che aveva saputo far propri elementi del mondo arabo-berbero, ebraico e francese. Il romanzo, incentrato intorno al dramma della fine di un mondo, ne rievoca frammenti attraverso i ricordi di una ragazzina. È il giorno dell’addio. La famiglia si prepara per l’imbarco senza ritorno verso il paese degli antenati. Mentre l’automobile corre in direzione del porto di Tunisi, la protagonista ripercorre al rallentatore gli episodi salienti della sua vita, che riemergono casualmente evocati dall’avvicendarsi del paesaggio, tasselli di un mosaico che illustra la vita di alcuni individui, ma esprime nel contempo gli umori di una comunità e il declino di un’epoca.