“Atlante della nostalgia” su Thrillernord
Atlante della nostalgia
“Guidava ascoltando la sua solita musica da adolescente impenitente ed era strano sentirsi un uomo divorziato, ed era strano pensare che, alla fine, ragioni in termini di sesso, relazioni, amore, gelosia, passione e anni che passano, anni che passano a cercare di ricordare, di mettere insieme tutte le versioni di noi, quelle che crediamo di conoscere e quelle che disperatamente proviamo a proiettare sugli altri, in modo che in questa vita resti una traccia, un ricordo di noi che possa ispirare un pensiero, o forse solo un sospiro”.
(da ‘Versioni di noi’)
Atlante della nostalgia, atlante delle emozioni, atlante delle molte versioni di noi, quelle possibili, quelle realmente esistite, quelle che sono e che saranno, atlante delle scelte, giuste e sbagliate, dei ricordi, dei rimpianti (forse), dell’insoddisfazione, del disincanto. Quindici racconti suddivisi in quattro sezioni, che compongono però un unicum, dove la voce narrante in verità appare essere sempre la stessa: disillusa, impudica, a volte quasi oscena, altre scontrosa, a tratti quasi sprezzante, per tutti, sé stesso compreso. Assieme a questa voce viaggiamo assieme ad amici, (spesso) amanti o quantomeno compagni di letto, fra il nord Italia e l’Europa, riconosciamo luoghi e a tratti sensazioni da essi richiamati. La vita non è facile, non offre che rari momenti di poesia, molte volte ciò che offre sono attimi di labile soddisfazione (più che altro sessuale) nel mare di desideri non agiti ed eventi non accaduti. E ciò che resta nel sottile amaro, o agrodolce, in bocca è la chiara sensazione di una solitudine, che è prima di tutto interiore.
Come disse Orson Welles: “Nasciamo soli, viviamo soli, moriamo soli”, sembra dircelo anche il protagonista ideale di questi racconti, attraverso il suo movimento un po’ nevrotico e il ventaglio di pensieri squadernati in varie situazioni fra le più diverse.
Pensiero che si eleva a punte di un lirismo definitivo nel racconto ‘L’estate del pollo’, culminante nella frase finale del suo protagonista: “E cosa dovevo fare io? Sbuffare, lavorare, essere normale, e guardare il mio passato con il sorriso un po’ stolido di chi, per la prima volta, riesce davvero a vedersi dall’esterno e pensare ‘No, io non soffro più’”.
Eccolo qui il ‘Patrone-pensiero’ (non me ne voglia l’autore, se lo definisco così), accompagnato meravigliosamente in questi racconti da citazioni letterarie e musicali, quasi a dettarne o il ritmo o il tempo storico, ormai perduto. Il tutto raccontato con una scrittura essenziale, immediata e quasifotografica, scorrevole, ma che soprattutto calza a pennello con ciò che descrive.
Sara Zanferrari
Il link alla recensione su Thrillernord: https://bit.ly/3HoLhY6