“Lo storiografo dei disguidi” su I libri di Mompracem
TRA STORIA E CAOS, LE NOSTRE VITE IMPREVEDIBILI
La prima impressione che i racconti di Lo storiografo dei disguidi (Arkadia Editore, 2021) di Paolo Codazzi suscitano nel lettore è lo stupore. Nasce dalla straordinaria capacità affabulatoria dell’autore, fondata su una prosa rutilante, immaginifica e allo stesso tempo precisa, legata alla realtà della materia trattata ma che pare anche costantemente gravata da un soprasenso. Un’eleganza formale inusitata presiede al suo svolgimento, pur nello straboccante proliferare di forme. Scriveva Geno Pampaloni che, per una recensione efficace nella sua funzione di servizio al lettore, è spesso opportuno ricorrere all’arte antica delle citazioni, “attraverso le quali il cronista dà conto della sua lettura: l’itinerario del discorso dello scrittore, la qualità stilistica, la libertà inventiva…”. Questa lezione ben si attaglia a Lo storiografo dei disguidi, per il quale è lecito derogare alla ordinaria dispositio della recensione, iniziandola con osservazioni stilistico – espressive, piuttosto che con altre, relative allo svolgimento della trama o al tema predominante. Ed il rendiconto della qualità stilistica e della libertà inventiva di cui gode la scrittura di Codazzi si può appoggiare su pezze probatorie rinvenibili ovunque. Una tra le tante, scelta a mo’ di esempio ad apertura di libro e tratta dal racconto L’insonnia di Garibaldi, descrive così, in un mirabolante quanto virtuosistico turbinio di ipotassi e subordinate, l’avvio di una conferenza pubblica sull’Eroe dei due mondi: “Antonio, seduto in prima fila non avendo rilevato niente di anomalo, o comunque non dandogli peso, mi rivolse un ennesimo gesto di intesa, prima di alzarsi compostamente e dirigersi verso uno degli armadi, il cui contenuto di libri, perimetranti i lati lunghi della sala uniformati nell’eleganza delle rilegature, era visibile dagli sportelli vetrati, e aprendo le ante che gemettero un lamento metallico da durevole chiusura, estrasse una borsa in pelle nera, che sorprendendomi, e senza alcun imbarazzo da parte sua, utilizzò come sacco da questua, di quelli adoperati dai chierichetti per raccogliere elemosina in chiesa, e con la quale iniziò a spostarsi metodicamente, quasi secondo uno schema geometricamente ortogonale, per i varchi delle poltrone avvicinandosi sorridente ad ogni spettatore, anche quelli che aveva notato insofferenti, raccogliendo molte banconote che volontariamente e senza alcuna resistenza i presenti alla conferenza inserivano nella busta di pelle che lentamente si gonfiava come una borsa d’acqua calda…”. Lo stralcio evidenzia l’intento di adunare quanto più materiale narrativo possibile relativo alla situazione oggetto di racconto, ben oltre l’essenzialità delle notazioni funzionali al suo sviluppo. Si saggia qui una forma particolare di riproduzione letteraria della realtà: l’esperienza quotidiana attesta che la maggior parte dei momenti consapevolmente vissuti sono densi di una congerie di elementi disparati, che solo successivamente, a seguito di un preciso processo di selezione e quindi di eliminazione, è possibile riordinare per conferire loro dignità di storia compiuta. L’autore fissa l’attenzione nel momento in cui gli elementi della narrazione si accumulano, ed è in corso l’individuazione di quelli ad essa funzionali, utili per determinare la conseguente concatenazione logico – temporale. Da lì in poi, ogni ricostruzione storica risente di un certo grado di indeterminatezza, che lo storiografo Codazzi esprime nel sottile ma chiaramente percepibile senso di precarietà che percorre le storie individuali minime che racconta (e lasciandola intendere come presente anche nella storia dei popoli). Così la narrazione può a buon diritto leggersi come frutto di un insieme di disguidi, possibili sia nell’interpretazione degli eventi da parte dei diversi protagonisti, sia in quella operata da parte di chi li racconta. Codazzi dimostra la verosimiglianza di queste riflessioni, mediane tra senso della storia e teorie narratologiche, accompagnando il lettore in una Firenze bonaria e popolare, o nella campagna toscana, e introducendo personaggi bizzarri alle prese con casi inconsueti e grotteschi. Il tono di cordialità, a volte ironica a volte partecipe, induce ad un atteggiamento tutto sommato non eccessivamente severo nei confronti dei vizi e delle piccole (o grandi) miserie che si intuiscono a volte dietro ai disguidi antologizzati. E così le stranezze di un uomo giudicato ai margini della società dalle chiacchiere della gente nascondono un successo insospettabile (Lorenzo). In un altro episodio (Lettera al Presidente delle ferrovie), il disguido causato dalla caduta di alcune lettere del nome di un paese su un cartello (da “Rocciamalumba” a “Amalum”), con la conseguente nobilitante ipotesi di un’origine romana dell’abitato, diventa motivo di sviluppo per la piccola comunità dei residenti. Altrove (Cani), un mastino ed un maremmano, dopo aver turbato azzuffandosi la quiete di piazza della Signoria, assistono perplessi alla rissa dei loro padroni, dall’esito ben più disastroso della loro. Ancora: in Monumenti in restauro,un uomo viene reclutato con regolare concorso pubblico per fare la statua umana al posto di un monumento dedicato ad un generale da sottoporre a restauro, ma viene colpito ed ucciso da un proiettile vagante durante una rapina: da allora (disguido dei disguidi!) “nugoli di scolari si soffermano incantati alle parole dei docenti sul nobile e sfortunato gesto, senza che nessuno faccia cenno al monumento del grande condottiero ricoverato al sicuro nel Museo Cittadino”. Attraversando situazioni paradossali ed estrosità caratteriali, Codazzi si districa quindi in un viluppo di moventi incongrui, premesse fuorvianti, valutazioni sommarie ed errate, disinganni e strabismi, senza badare più di tanto a istituire nessi inequivocabili tra cause e conseguenze. Meglio attenersi alla rilevazione dell’imprevedibilità della vita e della mutevolezza della natura umana, registrandone con pirandelliana acribia accidenti e stramberie, avendo ben chiaro che, come in Vespe e cannoni viene definitivamente acclarato, “molti avvenimenti della Storia, celebrati da generazioni di studiosi e politici, in realtà furono frutto del caso, o meglio di quella parola formata dalle stesse lettere: il Caos”.
Luigi Preziosi
Il link alla recensione su I libri di Mompracem: https://bit.ly/3HRowgl