“La bambina dagli occhi d’oliva” su La Casa delle storie
La bambina dagli occhi d’oliva di Davide Grittani
Un appartamento in centro, un disegno sotto la carta da parati: macabro e profetico, dimenticato per trent’anni. Tocca a Sandro Tanzi – ultimo testimone di una borghesia senza scrupoli – scoprire cosa sia successo in quella stanza, come mai quel disegno chiami in causa i suoi genitori e per quale motivo sia collegato alla nuova inquilina del palazzo, la bellissima e misteriosa Angelica Capone. Partendo dall’omaggio a Dolores O’Riordan, leader dei Cranberries, il romanzo prende in prestito un destino per raccontare una violenza di cui si parla sempre poco e male. Attraverso una narrazione visiva, quasi cinematografica, a tratti sensoriale, La bambina dagli occhi d’oliva racconta le quotidiane colpe degli innocenti e i delitti che commettono anche i giusti, riportando al centro della scena i fantasmi solitamente più duri a morire: i nostri sensi di colpa. Accanto all’incredibile storia di Sandro e Angelica scorrono le voci e i volti di chi è stato condannato a sopravvivere, l’aristocrazia delle vergogne messe a tacere, gli anziani parcheggiati nelle case di cura e gli stranieri chiamati a prendersene cura, sullo sfondo di una città in agonia.
Introduzione
Quante volte si è immaginato anche solo per gioco di cambiare la propria vita, perché c’è sempre qualcosa che non piace o che si fatica a riconoscere. Appare impossibile trovare un nome per questo senso emotivo che pervade l’animo di ognuno senza alcun invito. Allora è in quel preciso istante che ci mettiamo alla ricerca di altri che abbiano dentro questo malessere. Ed è così che ci si perde nel vitale deserto che resta solo in apparenza immutabile, ma in realtà è in continuo movimento in un’unità temporale ambigua tra l’ondulatorio e il sussultorio accompagnando la lenta ma devastante decadenza umana che si descrive pienamente nella sua contraddittorietà. Un’isola deserta da riempire, ma di cosa ci si chiede se si è completamente inglobati dalla vastità del cielo e del mare? Un azzurro che schiaccia e confonde trasformandoti in una nuda inconsistenza del niente che aspetta il verde della notte per riconoscersi in uno specchio di luna. Squarcio di materia che subisce una metamorfosi e creando un legame speciale tra forma e sostanza, diventa polvere fatata e sale fino alle stelle per disegnare la traiettoria di una nuova storia da raccontare. Un romanticismo stucchevole e poetico allo stesso tempo ma che è la nostra unica arma nell’incessante diffusione della cattiveria che arriva a macchiare anche i sentimenti. Questo il ritratto che emerge da La bambina dagli occhi d’oliva nuovo romanzo di Davide Grittani, una storia che è una vera corsa contro il tempo per capire se qualcosa in questo pazzo mondo si può ancora salvare.
Aneddoti personali
Ho preso questo libro allo stand Arkadia durante Una marina di libri, dovevo anche conoscere l’autore ma non è stato possibile, sono sicuro che non mancherà occasione. Davide è veramente una persona speciale, parla soltanto se ha qualcosa da dire e ti disarma con i suoi profondi silenzi. Quando però ti dà la possibilità di decifrarli, capisci che c’è un mondo e ti senti fortunato ad averlo incrociato sulla tua strada. Per tutti noi è un vero onore camminargli accanto, perché nel cuore c’è la consapevolezza che lui quando meno te lo aspetti trova un modo originale per farti sentire la sua presenza. Da un animo così profondo, ti aspetti una storia ad alti livelli sotto ogni aspetto e devo dire che le attese sono state mantenute egregiamente. Il libro fa parte della collana Sidekar che in tutto quest’anno mi ha sorpreso positivamente perché si sta imponendo nel panorama editoriale tracciando una concreta identità. Credo inoltre che soprattutto tra i romanzi di Carrino, Barretta e Grittani esista un filo rosso che li lega, come se avesse scritto una sorta di Trilogia dell’abisso emotivo per metterci di fronte a una descrizione sociale cruda e veritiera, in cui tra le grandi emergenze e urgenze va sicuramente inserita la ricerca di ritrovare la purezza dei sentimenti. È stata una lettura magicamente devastante che mi ha tenuto tanta compagnia. La bambina dagli occhi d’oliva è un libro emozionante che sicuramente porterò nel cuore. C’è stato inoltre un punto in particolare quando i tre amici all’interno della sala giochi si riconoscono veramente per la prima volta che mi ha commosso enormemente. Ho ritrovato la stessa emozione che ho provato a suo tempo quando lessi Il giorno mangia la notte di Silvia Bottani, quell’inquietudine bella, esistenziale che fa parte di tutti noi. Per tutti questi motivi vi consiglio di continuare la lettura con la recensione e poi di acquistare il libro.
Recensione
Che cosa accadrebbe se fossimo tutti i Nerone di noi stessi? Riusciremmo a ricostruirci a risorgere come Roma dalle sue ceneri? Questo uno degli interrogativi che accompagna tutto il libro, cullandoci come una nenia ma senza trovare una vera risposta. Quando non si trovano soluzioni ai problemi esistenziali, ci si sente sempre orfani di qualcosa. È come se mancasse perennemente una parte di noi e quando miracolosamente si trova, non è detto che combaci alla perfezione. Ed è in quel preciso momento che si attua la vertiginosa e amletica inclinazione dei perché. Non si tratta soltanto dell’accettazione del proprio sé ma della più complessa capacità di perdonare. Se non perdoniamo noi stessi, non possiamo pretendere di farlo con gli altri. È un romanzo che analizza la sinonimia esistente tra atto e azione che sono soltanto materia astratta se non si raggiunge l’effettiva consapevolezza di averle compiute. Un semplice istante in cui l’uomo appare in tutta la sua dirompente caducità, specchio esistenziale di una società alla deriva. Il luogo prescelto per raccontare tutto questo non può essere che lei. La città che si erige a capitale, la centralità del mondo fulcro di un nuovo dramma universale che coinvolge tutte le classi sociali e converge nel nome di solitudine. Tutti i personaggi de La bambina dagli occhi d’oliva hanno dentro il male di vivere. Emerge una profonda inquietudine che governa la loro psiche e inevitabilmente plasma la persona. L’autore nei trentuno capitoli che compongono il romanzo con una lingua ricercata, profondamente introspettiva, con un ritmo serrato e uno stile incantevole narra abilmente il tentativo di adattamento sociale di un gruppo di disadattati. Sono tutti capitanati da Sandro Tanzi, un uomo che si trova a gestire una sala giochi, proprio nell’istante esatto in cui è incapace di farlo con se stesso. Attraverso i clienti non si trattano soltanto temi delicati come ludopatia e droga ma si analizza soprattutto che vincitore, vincente e vinto è l’emblema morfologico e sintattico che si ritrova a tracciare l’esistenziale parabola umana. Punti mobili della vita di Sandro sono l’anziana madre Adelaide una donna taciturna, che nell’assenza cela in realtà una sconvolgente presenza costituita da elementi criptici che trovano tanto nelle parole quanto nei silenzi la perfetta forma espressiva, il fidato Farouk un indiano che cerca quotidianamente di sopravvivere al dramma personale che l’ha colpito e infine il dolce e pragmatico Freddie, un uomo che cerca di riprendere la retta via nascondendo una spiccata sensibilità. Improvvisamente però arriva lei Angelica Capone una donna enigmatica che soffrendo di una particolare amnesia sconvolge irrimediabilmente quello stesso destino che troppe volte si è beffato di lei. Per Sandro i magnetici occhi verdi di Angelica non sono soltanto una bellissima canzone d’amore ma potrebbe essere fonte di verità inaspettate e inaccettabili. Cosa nasconde Angelica? Per Sandro ha inizio così un tortuoso viaggio in cui deve destreggiarsi tra una moltitudine di mulini a vento, un’antica vendetta che chiede di essere compiuta e il suo senso di giustizia. Ossessionato come Orlando, deve cercare di non diventare pazzo e affrontare tutto con estrema lucidità, anche quando lo spettro della pedofilia s’insinua tra i due. Perché ciò che è stato rubato e negato ai bambini resta per sempre. Un romanzo crudo ma drammaticamente toccante che ci ricorda che gli esseri umani non si riconoscono dai tratti somatici ma dal dolore che li accomuna tutti. Un libro sul significato sociantropologico della colpa dove per rinascere si deve almeno un po’ morire. Il vincitore è solo, i vinti tra loro si fanno compagnia e anche quando lo spazio è circoscritto seminano briciole di niente e di tutto per ridisegnare una via da poter chiamare casa.
Conclusioni
Consiglio vivamente la lettura di questo libro a tutti quelli che cercano una storia originale scritta magistralmente che possa restare impressa nella mente ma soprattutto sul cuore.
Francesco De Filippi
Il link alla recensione su La Casa delle storie: https://bit.ly/30984I5