“Il lato sbagliato del cielo” su Graziana Giròvaga
Laura Baldo | Il lato sbagliato del cielo
Forse è passato il tempo storico necessario per parlarne con la giusta distanza; forse, in un periodo di stallo, si ha voglia di tornare con la memoria a epoche sconvolgenti, in cui, per dirla con David Leavitt, “c’era qualcosa da perdere e qualcosa da guadagnare”; forse abbiamo voglia di tuffarci tra le storie di spie, il doppio gioco, le emozioni forti e, a volte, dolorose. Storie che ti lasciano quel senso di sgomento, di incredulità davanti alla ferocia dell’uomo, davanti alla perdita assoluta di umanità di cui la storia è stata triste testimone. Il lato sbagliato del cielo è un libro duro, drammatico che si apre alla speranza. La storia è frutto di invenzione, ma alcuni episodi narrati prendono spunto da testimonianze reali: la rivolta di Varsavia del 1944. La scrittrice ci racconta di una storia di amicizia nata su un territorio minato dall’odio. I due protagonisti sono Rainer giovanissimo sergente maggiore biondo, con gli occhi blu soprannominato da sua madre “il mio angelo” e i prigionieri di Flossenburg “l’angelo della morte” e non perché si comporti in modo crude ma per l’aria pensierosa, assente, come gli angeli di pietra dei cimiteri. Dopo l’esplosione di una granata, che gli è quasi costata una gamba, lo ha lasciato fuori conoscenza per giorni e costretto prima all’ospedale poi al servizio nelle retrovie, nel corpo di guardia di un campo di concentramento. Il secondo protagonista è Lucjan ha solo 17 anni, è arrivato da poco, catturato a Varsavia, dove aveva impugnato le armi contro i tedeschi. Il prigioniero non potrebbe fare progetti a lungo termine, perché nel campo la prima lezione che impara è che bisogna sopravvivere giorno per giorno. Sopportare il freddo e la fame, resistere in piedi durante l’appello, nonostante la stanchezza e le basse temperature, combattere contro le malattie, non attirare l’attenzione delle guardie. Sembra impossibile: in un posto dove l’umanità è scomparsa e le prigioniere non sono altro che un fragile cumulo di ossa e pelle è difficile trovare la forza necessaria per resistere. Anche l’agente dell’SS vorrebbe lasciare l’incarico di sorveglianza. Ma la potenza dell’amicizia va oltre la paura. Il messaggio che l’autrice desidera trasmettere al lettore è che il dovere degli esseri umani è quello di non mollare mai. L’abilità di Laura Baldo è di far avvertire la dolcezza e la speranza dei prigionieri le cui figure commuovono con la loro forza e il loro coraggio. Questo romanzo è la finestra su un mondo che va aperta: ci vuole coraggio, ma bisogna farlo.
Il link alla recensione su Graziana Giròvaga: https://bit.ly/3nyTPFs