“L’ambasciatore delle foreste” su Il passaparola dei libri
L’AMBASCIATORE DELLE FORESTE Paolo Ciampi
L’ambasciatore delle foreste è un titolo magico. Evoca un mondo fantastico. Un paladino del respiro. La terra, se respira, lo deve ai mari e alle foreste. E noi, se riusciamo ancora a vivere d’aria nonostante tutto, dobbiamo farci delle domande, delle domande precise e urgenti: fino a quando riusciremo a farlo? Purtroppo, sappiamo che c’è un problema, ma le ragioni del potere e dell’economia non riescono ad affrontarlo come emergenza. Il rischio di non farcela è alto. Mi sento in trappola. Senza futuro. E questo è un pensiero forte e negativo. Non aiuta. È molto più utile avere un atteggiamento positivo. Mantenere accesa la speranza. Su Netflix, gira un docufilm agghiacciante: fa vedere lo stato avanzato di inquinamento e impoverimento dei nostri mari. I giovani di oggi, viaggiatori nati, vedono come abbiamo ridotto la natura e non esitano a rimproverarci, esortando comportamenti, attenzioni e misure economiche per la salvaguardia del pianeta. Forse esagero, ma se veramente rifletto su queste tematiche, mi lascio coinvolgere emotivamente dagli scenari catastrofici di quel poco che riesco a intravedere, e di colpo, mi manca l’aria. In apnea, mi sento. Ultimamente mi accade spesso. Non credo sia stata casuale la lettura de L’ambasciatore delle foreste in questo momento. Avevo bisogno di lui e lui ha compiuto un piccolo miracolo. Mi ha ripacificata con me stessa e con il mondo. Mi ha restituito un po’ di speranza. L’aria comincia a farsi spazio nuovamente intorno a me, e io, respiro di nuovo. E non solo, sorrido. Rido. Piango. Mi emoziono insieme a Paolo e al suo ambasciatore delle foreste: George Perkins Marsh. Ora il tempo lo guardiamo all’incontrario. Ci immergiamo nel passato e andiamo a scoprire un personaggio davvero straordinario, che aveva capito l’importanza di queste tematiche già nel lontano Ottocento e nel Vermont. Nel secolo e nel paese del progresso e dell’industria, quando ancora nessuno parlava di ecologia, questo signore americano osserva la natura e si accorge di come l’uomo la stia rovinando. Vede sparire i pesci dai fiumi, si accorge dei cambiamenti climatici e dell’importanza degli alberi, che sempre più abbattuti, diventano un bene da salvare. Con Paolo Ciampi, intraprendiamo un viaggio alla scoperta di una persona in Europa dimenticata, mentre in America è ricordata come il padre dei grandi parchi naturali come quello di Yellowstone. Scopriamo una vita che con il suo operato ha dato ossigeno e risorse idriche fondamentali per la salvaguardia ambientale: la metropoli di New York, oggi, non sarebbe la stessa senza il Parco, istituito da Marsh, suo polmone vitale. Insieme a questi due grandi viaggatori, ecco che anch’io lettrice riesco a mettere da parte il disagio del problema ambientale futuro: ora qualcuno mi regala un nuovo sguardo sugli alberi, sulle montagne, sulle vie della civilizzazione e della cultura, o meglio, delle culture, al plurale. All’inizio, Ciampi, la chiama ‘noia’, dice che ogni volta che sente parlare di ambiente comincia a sbadigliare. Mi sta simpatico, penso, non sono sola allora! L’aneddoto che dà origine a questo libro parla di un collega che gli regala un volume su George Perkins Marsh, primo ambasciatore in Italia degli Stati Uniti, nominato da Abramo Lincoln. Paolo Ciampi, quasi distrattamente, fa le fotocopie, le mette via, si dimentica. Solo dieci anni più tardi riapre il cassetto e questa volta le fotocopie parlano. Si accende una lampadina. Dal cognome che significa ‘palude’ Paolo Ciampi inizia il suo viaggio. La noia non c’è più, passione e divertimento sono nuovi compagni di avventura: «Ecco, mi piace, questo pensiero vagabondo sulla palude». E dal cognome si passa subito al nome: «Magari posso cominciare così. Chiamandolo George. Per provare a parlare di un vivo, mica di un morto.» (p. 10) Ed eccoci, in viaggio, anche noi, lettori. Comodamente seduti, sul nostro divano, magari con una birra in mano, eccoci, catturati, da questo personaggio stravagante, la cui carriera diplomatica non scalfisce la sua grande fantasia e ricerca fra sapere e piacere. Frequenta a malincuore la corte dei Savoia, ma si appassiona alle saghe di Islanda, non ama i ricevimenti e i personaggi ampollosi, ma si entusiasma all’idea di portare i cammelli nelle praterie degli Stati Uniti. Ma mentre sbirciamo nel secolo passato, in cerca di George e delle sue foreste del New England, con Paolo Ciampi, sbirciamo anche nel secolo presente e ci ritroviamo a respirare le foreste del nostro Appennino, anche se per far questo passiamo per i deserti dell’Africa. «I pensieri sono farfalle che sfuggono alla retina della logica, se logica c’è. Dico e divago, divago e dico.» (p.13) Le foreste dell’Appennino, dicevo. Vallombrosa. Dove Giovanni Gualberto si ferma e invece di vendicare l’assassinio di suo fratello, si mette a pregare. La foresta è un’esperienza che fa risentire il sacro. Presentando il libro, Paolo Ciampi confessa: «Quando mi ritrovo in queste situazioni, significa che mi sono sciolto da qualcosa e che mi sono ricollegato a qualcosa di più ampio, come un albero.» Questo è un libro che racconta la forza delle parole. George Perkins Marsh con il suo libro Man and Nature avverte tutti gli americani su quello che succederà se si continuano a tagliare gli alberi e diffonde per primo comportamenti e politiche a favore degli alberi. Era una voce solitaria nel secolo del progresso con la P maiuscola. Non è scritto molto bene, ci dice Paolo Ciampi, ma qui siamo in un libro che parla di futuro. George Perkins Marsh è stato il primo a parlare di cambiamenti climatici. Il primo a parlare del suo rapporto con la natura. A darci una chiave di lettura per vivere una vita migliore: fare un passo indietro. Non correre. E respirare.
Sylvia Zanotto
Il link alla recensione su Il passaparola dei libri: https://bit.ly/3ehhB3u