“Il maragià di Firenze” su Giuditta Legge
Nello Zaino di Antonello: Uno zaino di fine giugno!
Ormai da quasi cinque anni lo Zaino è un appuntamento fisso per molti lettori e lettrici. Lo scopo di questa vetrina sulla pagina di Giuditta Legge è quello di intercettare potenziali lettori e con poche battute riguardanti un libro cercare di incuriosire e invogliare a sufficienza la lettura di quel libro. Spesso da queste pagine raccontiamo eventi e manifestazioni che organizziamo o a cui partecipiamo. Come nel caso del Pillole festival a cui abbiamo aderito attivamente per il secondo anno di fila. Nei giorni del 24-25-26-27 giugno alle Serre Petitot nel programma Parma Estate del Comune di Parma ci siamo stati anche noi a far parte della rassegna di incontri dal vivo, cultura, intrattenimento e svago. Quattro giorni di appuntamenti per ritrovarsi e riallacciare i legami e le relazioni intorno alla cultura. Pillole Festival ha regalato alla città la presenza fisica di protagonisti della nostra contemporaneità attraverso talk sull’attualità, concerti dal vivo, presentazioni di libri, spettacoli. Nello spazio dedicato ai libri grande spazio a scrittrici e scrittori del nostro catalogo a partire dalla giornata di apertura con l’incontro “Scrivere è donna” in compagnia di Silvia Bottani, Laura Calosso e Anna Siccardi in cui si è parlato di libri, di scrittura, di editoria con uno sguardo al femminile. La parola magica di Anna Siccardi è per chi vede i suoi ricordi come un puzzle a cui manca una tessera, per chi preferisce i dialoghi immaginari a quelli reali, per chi crede nel potere magico di certe parole, e per chi cerca una guida per affrontare il buio e lanciarsi nel vuoto, come un trapezista sicuro di trovare una mano ad afferrarlo Il giorno mangia la notte di Silvia Bottani è un libro che intercetta l’aria nervosa e preoccupante che respiriano oggi. Il libro punta il dito sui paradossi e le contraddizioni delle nostre tristi città con le vite di tre sconosciuti che all’improvviso s’intrecciano l’una con l’altra a doppio filo. Sullo sfondo, scintillante e buia, vive una città in piena, inarrestabile trasformazione. Ma la sabbia non ritorna di Laura Calosso indaga le “mafie della sabbia”, organizzazioni criminali che rubano la preziosa materia prima a tutte le latitudini per venderla dove è più richiesta. Studiando questi traffici illeciti e il loro catastrofico impatto ambientale, la protagonista Elena scopre la verità su alcuni fatti avvenuti nella sua infanzia. Venerdì 25 giugno il focus si è spostato su due città, Napoli e Roma, con due autori molto amati dai lettori dei Diari, gli scrittori Alessio Forgione (Giovanissimi e Napoli mon amour, edito NN editore, Premio Berto 2019) e Roberto Venturini (L’anno che a Roma fu due volte Natale, SEM, nella dozzina del Premio Strega 2021), che hanno presentato i loro romanzi, in un viaggio fra paesaggi e intime introspezioni dei protagonisti. I due autori sono stati librai per un giorno il sabato successivo ai Diari in borgo santa Brigida per le belle interconnessioni che si creano. Continuano anche le nostre Dirette, sotto forma di agguati/incursioni, nelle pagine facebook delle case editrici presenti nel nostro catologo. In diretta streaming sulla pagina Facebook di Quodlibet il 20 giugno abbiamo presentato il libro Racconti sentimentali e satirici di Michail Zoščenko (1894-1958) pubblicato lo scorso dicembre nella collana Compagnia Extra diretta da Ermanno Cavazzoni. Il libro contiene una serie di racconti inediti tradotti dal grande slavista Sergio Pescatori, scomparso prematuramente nel 2015 che aveva dedicato gli studi di una intera vita all’autore russo poco conosciuto in Italia. Nella diretta sono intervenuti Giulia De Florio e i curatori Manuel Boschiero e Cinzia De Lotto. Raccolta di racconti comico-umoristici di un maestro della forma breve, Michail Zoščenko, che nel corso degli anni Venti, subito dopo la Rivoluzione russa, ha goduto di grande notorietà, descrivendo in modo irriverente e dissacrante i cambiamenti della nuova società sovietica, con i suoi personaggi tipici, gli avanzi di principi e signore aristocratiche, le belle ragazze che restano belle ragazze con relative vicende sentimentali, nonché i pochi quattrini, una realtà vasta di furti e piccole truffe, i capicaseggiato e il diffuso timore delle denunce, i mendicanti burocratizzati, e tante altre situazioni anche deplorevoli e assurde, nel grande terremoto che ha rivoltato ogni cosa. I racconti, in genere usciti su riviste dell’epoca, vanno dai primi anni Venti fino alla metà dei Quaranta, quando Zoščenko è costretto al silenzio dal potere sovietico. La scelta dei testi, finora inediti in italiano, è di Sergio Pescatori (1941-2015) cui si deve anche la traduzione particolarmente vivace e aderente alla forma parlata originale; un suo ampio e istruttivo saggio traccia il profilo dello scrittore. La domenica successiva abbiamo presentato sulla pagina di Arkadia Il maragià di Firenze il nuovo romanzo di Paolo Ciampi edito nella collana Senza rotta. Paolo Ciampi, giornalista e scrittore fiorentino, ha lavorato per diversi quotidiani e oggi è direttore dell’Agenzia di informazione della Regione Toscana ed ha all’attivo una trentina di libri usciti per diversi editori. L’autore racconta la storia poco nota del principe indiano Rajaram Chuttraputti che, di ritorno dall’Inghilterra, morì giovanissimo a Firenze. Il primo maragià che dall’India arriva in viaggio in Europa è poco più di un adolescente, ancora prigioniero dei suoi sogni. La sua stessa vita svanirà come un miraggio: di ritorno dall’Inghilterra, dove ha reso omaggio alla regina Vittoria, a Firenze inseguirà un altro sogno – la bellezza – ma qui morirà all’improvviso. Firenze, ancora per poco capitale, saprà vincere diffidenze e pregiudizi accordando al maragià un funerale indù. In un’incredibile notte l’Arno diventerà il Gange e là, nel luogo dove il corpo dello sfortunato giovane fu arso, oggi c’è la statua dell’Indiano: meta che, stagione dopo stagione, richiama l’autore a spremere il senso di una vita e a dare voce alla pietra. Ne viene fuori un singolare viaggio da fermo, un ponte di parole tra Oriente e Occidente. Tra poeti romantici, eccentrici studiosi ed esploratori dell’India, una riflessione su ciò che ci rende uguali e diversi e sulla bellezza della vita nella sua fragilità. Tra le novità in libreria di questo giugno vanno segnalate le nuove uscite nella collana Passaggi di Dogana della Giulio Perrone Editore con le splendire copertine di Maurizio Ceccato: Negli States con Stephen King di Orazio Labbate, A Venezia. Da Brodskij a Bolaño di Graziano Graziani e A Roma con Nino Manfredi di Nicola Manuppelli. Abbiamo vissuto negli ultimi 15 mesi un periodo inedito che ci ha costretto a rimanere a casa, sospesi nell’incertezza, chiusi fra quattro mura. La voglia di viaggiare è cresciuta in maniera esponenziale. È proprio in questa condizione di immobilità che spesso ci sono venuti in soccorso la lettura e il potere dell’immaginazione e hanno acquistato un valore speciale tutti quei libri che ci hanno permesso senza limiti di volare lontano ed esplorare nuovi orizzonti, ampliare le nostre conoscenze, fare incontri attraversando il tempo e lo spazio. Tra questi libri ci sono senza dubbio quelli della collana Passaggi di Dogana edita da Giulio Perrone editore. Si tratta di una raccolta di guide letterarie concepite come narrativa di viaggio più che come tradizionali guide turistiche, che seguendo le tracce di scrittori, ma non solo, hanno il potere di condurci alla scoperta di luoghi, regioni, città ricchi di suggestioni come accade Negli States con Stephen King di Orazio Labbate. Lo scrittore nato a Butera è definito il fondatore del gotico siciliano. Ha pubblicato i romanzi Lo Scuru (Tunué, 2014), Piccola enciclopedia dei mostri (24 ore cultura, 2016), Suttaterra (Tunué, 2017), la raccolta di racconti Stelle Ossee (LiberAria, 2017), finalista al Premio Recalmare Leonardo Sciascia, Atlante del mistero (Centauria, 2018), e Spirdu (Italo Svevo Edizioni, 2021). Lavora come consulente editoriale. Scrive per «la Lettura» del «Corriere della Sera» e per «Wu Magazine». Cura un blog su Huffington Post. Suoi racconti, tradotti da Anne Milano Appel, sono apparsi nelle riviste letterarie statunitensi «PEN America», «Guernica» e «The Shoutflower». Se d’un tratto dalle storie di Stephen King sparissero gli allenatori di baseball, i bambini undicenni, i detective, gli studenti universitari squattrinati, i pagliacci, le famigliole felici, i professori di letteratura, i domestici? Se l’unico personaggio a muoversi tra le pagine fossi tu? Orazio Labbate invita il lettore – scoraggiandolo a ogni pagina, a ogni rigo allarmandolo – nei luoghi di Stephen King, in terre in cui non è rimasta anima viva, solo il viavai degli spiriti: l’insediamento in un corpo non è che un accidente, tutti diventiamo fantasmi. Ecco, dunque, cosa riserva l’edilizia delle tenebre: fogne feroci da cui schiuma un profeta, il Diavolo; campi di granturco; cieli incontinenti; girasoli che sembrano “cotti in brodo”; una nebbia che ai vivi insegna tutto ciò che si può sapere della morte; caldaie che singhiozzano; finestre che si lamentano; grugniti di una scrofa; gemiti metallici. E maniglie, lettere, altalene, catene arrugginite perché la ruggine svela la violenza dell’eternità. Nel suo viaggio, il lettore dovrà a volte strisciare, a volte genuflettersi: è un fedele al cospetto di un Dio che non salva i suoi agnellini, ma li manda al macello.Come si fa a passare per l’Averno senza risvegliarne gli abitanti? Nessuna fede e nessuna scienza aiutano il viaggiatore a eludere la dannazione, ma forse un modo per fuggirne pure ci sarebbe, ci dice con il suo stile gotico e prezioso Orazio Labbate: il godimento solipsistico dell’incontro con i propri demoni, la scrittura stessa come demonologia. Un viaggio, quindi, il cui rischio più orrorifico è la solitudine, come questa ci esponga senza difese alla minaccia di diventare assassini noi stessi. Graziano Graziani in A Venezia ripercorre, letteralmente, le orme degli autori che hanno amato Venezia. Nato a Roma è uno dei conduttori di Fahrenheit su Rai Radio 3. Ha realizzato documentari video e podcast e collaborato come autore per Rai 5. Ha scritto Esperia (Gaffi, 2008), I sonetti der Corvaccio (La camera verde, 2011) e gli inventari letterari Atlante delle micronarrazioni (Quodlibet, 2015) e Catalogo delle religioni nuovissime (Quodlibet, 2018). Nel 2020 ha pubblicato il suo primo romanzo, Taccuino delle piccole occupazioni (Tunuè). Immersa in una nebbia che racchiude fantasmi e dèi acquatici del tempo, oppure nella luce abbagliante che si riflette sull’acqua, Venezia ha mille volti e tutti arcinoti: città dell’amore, del turismo sfrenato, del Carnevale. Per conoscere un’altra Venezia, allora, occorre osservarla attraverso le crepe della sua immagine da cartolina e lasciarsi guidare da chi è in grado di vedere l’invisibile. Come i poeti. Graziano Graziani segue, letteralmente, le orme degli autori che hanno amato Venezia, cercando i loro luoghi d’elezione e le tracce invisibili del loro passaggio. Partendo dai più conosciuti come Iosif Brodskij ed Ezra Pound, passando per i contemporanei come Yang Lian o Ngũgĩ wa Thiong’o, si parte per un giro del mondo tra autori russi, cinesi, nigeriani, statunitensi, che approda fino in Sudamerica con Borges e Bolaño. Senza scordarsi di fare tappa tra i poeti di casa e le loro sonorità legate alla lingua che si parla tra le calli, come Francesco Giusti e Aldo Vianello. Una Venezia spesso invernale, provinciale, a volte vuota, che rovescia l’immagine dei souvenir e del lusso esclusivo, per parlare di esuli e di lotta, inclusa quella ingaggiata da chi vive la città e non vuole lasciarla morire. Lo scorso anno era stato pubblicato A Roma con Alberto Sordi – da Trastevere a Kansas City a cura di Nicola Manuppelli. Questo anno in occassione del centenario della nascita arriva A Roma con Nino Manfredi. Nicola Manuppelli è nato a Vizzolo Predabissi nel 1977. Scrive, traduce, cura, scopre e “importa” autori americani e irlandesi. Collabora, fra gli altri, con Mattioli, Minimum Fax, Nutrimenti, Aliberti. Ha pubblicato Bowling (Barney Edizioni, 2014), la biografia della scrittrice Alice Munro, La fessura (Barbera, 2014), Merenda da Hadelman (Compagnia Editoriale Aliberti, 2016), la raccolta di poesie Quello che dice una cameriera (Miraggi, 2018) e A Roma con Alberto Sordi (Giulio Perrone Editore, 2020). Pare una bizza del destino che il suo vero nome fosse Saturnino. Nomen omen: Nino Manfredi, l’artigiano della comicità, nato dalla malinconia, nato saturnino. E questo gli aveva insegnato pure il nonno: dal benessere nasce solo il vizio, il dolore è humus per l’arte. Nino veniva dalla Ciociaria, una terra di frontiera, una terra che abbandoni per le le più invitanti Americhe. Quando ti trovi in un Paese straniero, quando non conosci la lingua e ti esprimi a gesti e smorfie: così nascono le maschere, la commedia dell’arte, il teatro. Così nasce la mimica di Nino Manfredi. A quindici anni gli fu data l’estrema unzione, ma sopravvisse: ci sono persone a cui non è permesso il lusso di drammatizzare e allora trattano la risata come “una cosa seria”. Il centenario della nascita di Nino Manfredi è una festa di Roma, perché c’è uno spirito della città che solo chi viene da fuori può intercettare. E romani non sono né Nino Manfredi né Nicola Manuppelli che a questo attore, regista, cantante, musicista, teatrante dedica un ricordo, un percorso, una passeggiata e molto più di tutto questo: per lui erige un monumento. Dall’infanzia a Castro dei Volsci all’arrivo a Roma, al ricovero al sanatorio Forlanini, dall’Accademia di teatro desiderata da lui alla laurea in Giurisprudenza imposta dal padre, e ancora il dopoguerra con gli americani, il boogie-woogie, la prima donna amata, una prostituta, poi il cinema, il matrimonio con Erminia, e il teatro e la televisione e gli anni da regista. Nino Manfredi ha vestito i panni del contadino romano e di Pasquino, del monsignore e dell’immigrato, parlando alle – e delle – due facce opposte della città. Tra le novità di giugno va segnalato un libro molto particolare: Liquefatto di Hilary Tiscione uscito per Alessandro Polidoro Editore, numero undici della collana Perkins. Hilary Tiscione (1987) è nata a Genova e vive a Milano. Dopo aver studiato presso un’accademia di cinema americana, si è laureata in Lettere e Filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Scrive per il Magazine 8 e mezzo. Ha frequentato la scuola di scrittura di Raul Montanari e si è diplomata al Master in Arti del Racconto dell’Università IULM di Milano, terminato con una proficua esperienza lavorativa con la casa editrice Bompiani. Attualmente lavora all’Università IULM di Milano per il Rettore Gianni Canova. È autrice di Se Rose gli facesse spazio, Jack si salverebbe? Finali alternativi di grandi film (Bietti, 2021). Suoi racconti sono apparsi su Nazione Indiana, Il Primo Amore, Minima&Moralia e Altri Animali. Un giorno Maddalena trova nella sua mail due biglietti andata-ritorno per Los Angeles. Un regalo di Romano, l’uomo con cui convive e che tradisce regolarmente asseconando un’apatica routine scandita dall’abuso di alcol e droghe. La donna si mette quindi in viaggio, nonostante una gravidanza inaspettata, insieme all’amica Lia e con l’intenzione di raggiungere negli States Tito, un vecchio amico che vive una vita oscura e sregolata. I tre, dopo un primo incontro losangelino, decidono di intraprendere un percorso on the road nel deserto del Mojave per raggiungere Las Vegas e il famigerato hotel El Cortez. Lì Maddalena, in preda a uno sfinimento fisico e psichico causato dai lunghi spostamenti, dalle notti insonni e da feste stravaganti, si confronterà con una definitiva crisi interiore. Attraversiamo tutta Las Vegas con la macchina, ci lasciamo la Tour Eiffel alle spalle, ubbidiamo alle radici del Bellagio nel loro più violento spettacolo. Siamo spogli dalla sorpresa. Abbiamo le braccia nude. I busti aperti. Crocifissi. Imbecchiamo l’inversione di marcia.
Antonello Saiz
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