Danzami fino alla fine dell’amore
I
[Prima SCENA
Il palco è diviso in due parti. A destra, di fronte al pubblico, sta lui, il personaggio principale che chiameremo il narratore, un uomo sui cinquant’anni. È nella sua camera vicino al letto disfatto, solo davanti allo specchio. Sopra il comodino, l’abat-jour è accesa. A sinistra, il palco è allestito come fosse un salotto, che potrebbe essere quello della casa del narratore stesso. A lato, sulla destra, c’è un pianoforte a mezza coda, davanti al quale siede il pianista. Intorno, gli altri musicisti: il contrabbassista, il fisarmonicista, il violinista e il cantante con un bicchiere di vino in mano, o una tazza di tisana. Una lampada grande pende sul pianoforte. Seduti, in piedi, i suonatori sono eleganti ospiti che aspettano il padrone di casa, un uomo destinato a non arrivare mai. Si apre il sipario. I musicisti eseguono Dance Me to the End of Love di Leonard Cohen. Dopo cala il silenzio. Si sente la voce di un bambino ma in lontananza, come se provenisse dal corridoio di una casa. Lui, il narratore, è fermo davanti allo specchio della sua stanza da letto. Si fissa. Indossa l’abito. È pronto per andare in ufficio.
Si rivolge allo specchio: «Beh, che hai da guardare? Non hai mai visto un uomo che sta per andare al lavoro? L’abito, quello che indosso spesso, quello che mi sta meglio, che mi fa sentire più alto. Sì, più alto! Che c’è da ridere? Anche un abito può renderti più snello, più alto, se lo vuole, e non solo le scarpe, con i loro tacchi impostati. Non ci credi? Liberissimo! Sei solo invidioso, caro il mio specchio! Hai paura che, diventando più alto, un giorno potresti non essere più in grado di riflettermi per intero, e che potrei scambiarti con un altro, magari più nuovo, più alla moda di te!»
Il bambino grida: «Papà!»
Lui non lo sente. Continua: «L’abito che indosso non è certo quello che mi sarei voluto mettere. Se lo toglie, e lo lancia lontano. Oggi non ho proprio voglia di sentirmi più alto. Sì! Ti è andata bene, specchio!»
È sera. Lui è sotto la doccia. Poi entra in scena con l’asciugamano che copre appena le parti intime. Canticchia fra sé il motivetto di Dance Me to the End of Love di Leonard Cohen che i musicisti, ospiti nel suo salotto, parto dei suoi ricordi inconsci e la cui presenza si materializza solo fra le note, hanno appena eseguito. Il narratore, sempre rivolto verso lo specchio della sua camera, dice: «Beh, come hai notato, sono nudo, adesso! Dopo una bella doccia calda non c’è niente di meglio che stare nudi e gironzolare per la casa ben riscaldata.» Trema. «Strano, ci deve essere qualcosa che… Giovanotto, di’ per favore alla mamma di aumentare i gradi del riscaldamento che papà muore di freddo!» Continua a tremare. «Perché non mi vesto e la faccio finita di dare ordini? Per chi mi hai preso?» Si veste. «Non so cosa tu abbia in mente, ma sei alquanto strano, specchio! La mia giornata? Eh sì, è stata dura. Non vedevo l’ora che finisse.» Si asciuga cantando fra sé Dance Me to the End of Love. «Eppure, me la ricordo ancora quella canzone. Danzami fino alla fine dell’amore… Come se bastasse nella vita danzare per tenere vivo un qualcosa. Come se ricordare una canzone ti potesse far sentire diverso, più vivo. Succede così, allora? Uno comincia a cantare un motivetto ed ecco che la giornata è cambiata, trasformata magari in quella di qualcun altro che aspettava impaziente che gli rubassero la propria, e che magari era anche quella ideale, arrivata dopo tanta attesa!» Ride di gusto, si compiace. Si calma. «Ma sì, certo, bisogna saper ridere anche di alcune congetture giovanili in cui sembra che, per vivere realmente con una marcia in più, serva sempre uscire dai binari su cui sicuro ti avvii ogni mattina: lavoro, chiesa, famiglia oppure lavoro, fidanzata e partita di calcetto. Che c’è di male in una sana partita di calcetto con gli amici? E tu, specchio, non giochi mai con i tuoi amici?» Ride. «No? E smettila di guardarmi! Che cosa credi di trovare? I segni dell’affaticamento e della stanchezza? I segni delle notti insonni? E invece no! Troverai un uomo tutto di un pezzo!» Arriva la moglie, ma non appare. Lui grida: «Ma dove sei?»
I musicisti eseguono Mi sono innamorato di te di Luigi Tenco.
Fine prima SCENA]