“Bruciati vivi” su ALIBI Online
“BRUCIATI VIVI” DI DANIELA STALLO: DIARIO NOIR DELLA SCUOLA
Tre domande mi sono rimaste in testa quando ho chiuso il libro “Bruciati vivi” di Daniela Stallo, pubblicato da Arkadia nella collana Eclypse (giusto prima de “Il lato sbagliato del cielo” di Laura Baldo). La prima: con che animo affronterò il prossimo colloquio con la Professoressa di Diritto del mio figliolo? La seconda: il romanzo conferma o smentisce i luoghi comuni sui docenti, alcuni dei quali condivido – consapevolmente o meno – io stesso? (E qui tralascio la teoria sui luoghi comuni del mio Professore di Epigrafia Latina). E infine la terza domanda: quali voci comprenderebbe la mia personale lista dei desideri? A pensarci bene, mi accorgo che in parte coinciderebbe con quella che stila a metà del libro la protagonista Luisa, docente di Diritto in un istituto della Toscana. “Bruciati vivi” è il diario di un intero anno scolastico – il ventinovesimo della sua carriera – che si srotola da settembre a luglio. Un’odissea in dieci mesi che non porta a Itaca ma al naufragio. Luisa è perennemente alla guida, per raggiungere o lasciare la scuola: “di mestiere non insegno, guido. Dopo il viaggio mattutino, una volta arrivata qui, ho già lavorato. Vivo in auto. La macchina è la mia prosecuzione. Il parcheggio è il luogo naturale dal quale osservare le cose. Indifferentemente il parcheggio di casa o quello della scuola”.
IL MONDO DI LUISA
In poche pagine il lettore impara a conoscere i personaggi attorno ai quali ruota – o contro cui si scontra – la vita di Luisa. Il marito Thomas lavora in una ferramenta. Il figlio Lorenzo vive dall’altra parte del mondo, con i nonni paterni, negli Stati Uniti. E poi ci sono l’amica Liliana (ma è davvero un’amica, anzi: l’amica?), i colleghi della scuola, uno strano personaggio dagli occhi di ghiaccio e altre non meno singolari comparse. L’autrice li ritrae con poche pennellate che poi ripassa e passa di nuovo, con sovrapposizioni e minime aggiunte di dettagli. “L’uomodirigente” dalla ricca dotazione di gilet e “l’uomomacchina” dalla grammatica senza sbavature, a differenza degli studenti di Luisa che verso di essa hanno lo stesso disinteresse che mostrano per il Diritto e per la scuola tutta. Ce l’hanno con l’istituzione più che con l’istituto, mentre Luisa vede confermata nella fatiscenza dell’edificio la decadenza della Scuola con la maiuscola. “Mi infastidisce l’approssimazione dell’edificio, l’abdicazione alla bellezza”. Lei stessa, però, si trova – per un incidente che non rivelerò – tentata dall’abdicazione alla legalità.
UNA VITA TRATTENUTA
Lei che da piccola si era giurata che mai avrebbe avuto un “mestiere da buste gialle” come i genitori, è rimasta prigioniera della burocrazia e della sua rete di questionari, moduli e griglie. Non è capace di riconoscere il processo che ha portato all’”indurimento esagerato delle emozioni”. In un momento che non riesce più a precisare ha smesso di credere nella propria missione d’insegnante. “Mestiere da schifo, lavori per fantasmi, presenze effimere, nomi che si confondono, visi che si sovrappongono. E tu, per loro, un nulla, una voce monotona della quale si abituano a carpire i segreti per fini personali. Non esisterò per nessuno”. Un giorno via l’altro, tra annotazioni atmosferiche, considerazioni personali e miseri menu di pranzi e cene, scorre la vita vuota di Luisa che rimane in attesa di qualcosa che la faccia ripartire. La sua esistenza è come l’impianto dell’aria condizionata dell’auto che guida: andrebbe riparata, ma costa troppo e allora non resta che rimandare a un domani che si allontana invece di farsi finalmente oggi. Ogni cosa nella sua vita è trattenuta. Lo riconosce con chiarezza lei stessa, ma non sa come sbloccarsi e vivacchia con un senso di depressione, di abbandono e di malessere che la opprime sempre di più. Il fisico ne risente, tanto che il corpo le rimanda segnali di disagio: cistite, otite, sinusite, gastrite, un fastidiosissimo suono nell’orecchio e nella testa che fa “vuu pausa vuuuuuuuuuuuuuuuuuu”.
SISTEMA NON RIFORMABILE
Gli accostamenti tra un’annotazione e l’altra a volte risultano particolarmente emblematici, anche se a prima vista possono sembrare casuali, proprio come in un diario vero. Ne cito uno da pagina 131:
“Comunque il fatto ha avvalorato la mia convinzione che ai progetti non si aderisce, li metterei al muro quelli che progettano, che inventano le stronzate migliori, non capisco se servano agli alunni o a loro per sopravvivere. Chimere in entrambi i casi. Non esiste salvezza. Il sistema non consente di essere curato. Butto via mele e kiwi marci. Sono rimasti due mandarini, ma ormai è passata anche la loro stagione”.
Sono totalmente d’accordo con la diagnosi di Luisa (condivisa dall’autrice, lei stessa insegnante di Diritto alle scuole superiori?): il sistema non è riformabile. Scelgo quest’espressione non a caso. Faccio infatti riferimento all’omonimo saggio di Enrico Flores dedicato alla “Costituzione degli Ateniesi” pseudosenofontea (Liguori) che lessi ai tempi dell’università. Per il “Vecchio Oligarca” la democrazia diretta ateniese non si poteva riformare. A chi non piaceva, dunque, non restava altro che abbatterla, magari facendola “suicidare dall’interno”. Come infatti fecero Crizia & Co. Ma se il sogno di molti studenti (non tutti, spero) è chiudere le scuole, sono certo che non la pensino così gli insegnanti. Più probabilmente questi ultimi si sentono come i trapani difettosi che il marito di Luisa si è ritrovato sul gobbo e che non riesce a vendere: “funzionano, ma non come dovrebbero, raggiungono lo scopo ma non efficacemente, è una cosa che esiste, ma non dà il meglio”.
PS: tutti quei telefilm gialli visti alla tv dopo cena col marito, per finire entrambi addormentati sul divano prima dello scioglimento finale (“a mezzanotte ci chiediamo a vicenda chi era l’assassino”), non hanno insegnato a Luisa la differenza tra strangolamento e strozzamento…
Saul Stucchi
Il link alla recensione su ALIBI Online: https://bit.ly/2QyZtsE