“Le stelle doppie” su Exlibris 20
Le stelle doppie
E i sogni, i sogni, i sogni vengono dal mare, per tutti quelli che han sempre scelto di sbagliare.”
LA VITA CHE SI AMA, R. VECCHIONI
Protagonista di questo romanzo, e di infinite altre storie non scritte, è un lido. Quella pezza di spiaggia dove si incrociano destini. Dove in fondo tutti noi siamo stati bambini e poi, a un certo punto, siamo diventati grandi. Ognuno ha il suo lido. E si trova decisamente nel cuore, o in quella regione dove galleggiano le emozioni. Il mio ha la voce di mia madre che per un motivo o per un altro mi vorrebbe tenere a tutti i costi lontana dal chiosco, “vieni fuori che c’è il sole, lì dentro è buio e c’è corrente, sei tutta bagnata”. È la nonna sotto l’ombrellone, e le corse sulla sabbia bollente col secchiello pieno d’acqua per bagnarle le gambe. Sono l’acqua nera e tiepida dei bagni a mezzanotte. E i baci rubati sotto le stelle. Poco importa se per noi ci sia stato davvero un lido immutabile dove ritornavamo tutti gli anni un po’ cambiati , se da bambini tornassimo sempre a villeggiare nella stessa villetta umida, se quel posto fosse il mare o una pozzanghera, qui o là. Quello che si materializza nel romanzo di Anna Bertini è soprattutto un punto che esercita una forza di attrazione. Il tempo del “prima”. Prima che tutto cambiasse; prima, quando eravamo inseparabili; prima, quando non ci stancavamo di raccontarci… È il punto dove vorremmo tornare solo per sentire ancora lo sguardo giovane dei nostri genitori su di noi. Per inseguire i nostri palpiti. Per dire le parole che non abbiamo detto, per fare quello che non abbiamo fatto. A volte capita che la persona a cui ora siamo pronti a dire quelle parole che da adolescenti non sapevamo pronunciare, non ci sia più. E allora quel punto diventa ancora più irraggiungibile. E non ci resta che accettarlo o abituarci a scontrarci ogni volta con quel desiderio inappagato. A mancare nelle Stelle doppie è Giulia, uno dei tanti volti di questo racconto a più voci. È morta troppo presto, e a quarant’anni ha lasciato due orfani, Manuel e Jacopo, e suo marito Guido. Forse Giulia è proprio la stella più luminosa della costellazione che tracciano i protagonisti di questo romanzo. Una specie di angelo custode, di burattinaio invisibile. Il lido di Anna Bertini ha un nome dal suono esotico, duro per quelle “d” e “b”, e poetico. Uno di quei nomi in cui sembra già scritto un destino: Aldebaran. I bagni si trovano in un luogo di villeggiatura che, come molti di quei posti, è fatto di poche cose. Perché d’estate, il mare sotto il sole, già basta, già è troppo. C’è una pineta con i suoi aghi e profumi acri, e le buche tra le radici, che negli incubi di Lucilla, una delle narratrici, si allargano in voragini che custodiscono segreti, il buio, le cabine, e una chitarra di manifattura spagnola, quella di Giulia, quella che suona Donna Donna di Joan Baez. Verso il lido di Noè convergono e divergono varie traiettorie che avanzano a ritroso. Quella di Guido, il marito di Giulia. Quelle dei loro figli, Jacopo e Manuel, che dopo la morte della madre hanno sofferto e sono cresciuti in modi opposti: Jacopo, versando lacrime ed emozioni e Manuel, barricandosi a se stesso. Quelle di Lucilla e Marco, i due fratelli che hanno sentito il bisogno di scappare lontano da quei luoghi, lontano dall’Italia. Quelle di Simone, il figlio più piccolo del proprietario dei bagni Aldebaran, e di Assia, sua nipote a lui coetanea. E poi c’è la storia di Silvia, che prima di essere delusa dagli uomini, come è accaduto a sua madre, si è allontanata da Marco, con cui amoreggiava da ragazzina, e che ora invita tutti a ritrovarsi al Lido. Cosa li spinge a cercarsi, ad accettare l’invito di Silvia? La necessità di recuperare qualcosa che c’era prima, prima che accadessero quelle esperienze indelebili che ognuno a modo suo ha cocciutamente cancellato. Perché il contrario della luce che soffia nella brezza estiva e che corre frenetica nei passi spensierati degli adolescenti dalla spiaggia verso casa, è la notte che ognuno porta dentro. La difficoltà di accettare la separazione dei genitori, la doppia vita degli adulti, la perversione di uno stupido adulto vigliacco, la morte della propria mamma… Aldebaran è in realtà un mosaico di posti, di pezzi, di sguardi, perché il romanzo di Anna ha diversi narratori che si alternano, scambiandosi messaggi, telefonate, conversazioni… C’è lo sguardo di Noé, il proprietario dei bagni, che fissa incredulo un punto sulla battigia, quello dove ha visto accasciarsi il corpo del figlio. Lo sguardo di Guido verso quel tempo prima che si sfasciasse tutto, il tempo di Giulia. Lo sguardo di Giulia per Lucilla, la ragazza in cui si specchia come se fosse sua figlia, e in cui vuole disperatamente proseguire, per sopravvivere alla morte. Lo sguardo di Lucilla verso quella se stessa bambina che scriveva racconti in un diario segreto e che è stata defraudata, una notte, in una cabina dov’è successo qualcosa di terribile. Manuel, che ha deciso di distogliere lo sguardo da se stesso. Lo sguardo paterno di Simone verso sua nipote Assia, che condivide con lui una promettente carriera da danzatrice. Lo sguardo fragile di Jacopo, che ha sete degli altri sguardi. Quello di Assia verso quel sogno di diventare ballerina dell’ Opera di Parigi, a cui aveva sostituito altri progetti più modesti, restando lì, al paese. E lo sguardo di Silvia verso quella stupida festa di carnevale dove scoprì la vita bugiarda degli adulti. Attraverso le storie dei diversi narratori, Anna Bertini in Le stelle doppie mette insieme tanti temi: il rapporto tra genitori e figli, ma anche “le paure e i vuoti degli adulti”; l’amicizia, e il pudore tra gli amici; la scoperta della sessualità, ma anche la violenza; la vita e la morte. Tutte queste cose sono vissute e raccontante dai protagonisti con una certa riservatezza. Come esperienze vissute a metà, fino a un certo punto, senza la consapevolezza invasiva dell’adulto. Proprio come le emozioni degli adolescenti, fortissime eppure inespresse. Anche la voce della scrittrice, che dirige i vari racconti, è come atona, non-dolente. Anche le storie di Guido e di Giulia, gli unici genitori presenti, sono analizzate con un’introspezione lenta, affievolita, senza incisioni terribili, perché in fondo sono fiochi riflessi. In questo ondeggiare di narrazioni, le “stelle doppie” sono anime gemelle, sguardi negli sguardi, una luce nel cuore di un’altra, ma Anna non ha paura di rivelare come queste unioni siano anche amicizie imperfette, perché il doppio, l’amico non è sempre lì a calmare l’ansia, perché a volte si nasconde preferendo tormentarsi nei sensi di colpa. Nella storia di quest’incontro, Anna Bertini ci parla anche di memoria e di tempo. Nelle estati che si susseguivano, a volte anche troppo noiosamente, non vedevamo l’ora di diventare grandi, essere donne e uomini, corteggiarci, baciarci, scoprirci, sentirci liberi… Come se avessimo fretta. Ed ora che siamo adulti vorremmo tornare indietro. I protagonisti di Stelle doppie vorrebbero tornare alla purezza ed incoscienza che in modi diversi è stata sporcata dagli adulti. E allora Aldebaran o quel luogo che fu per noi un crocevia, è come un binario su cui il tempo si mette a scorrere in modi strani, dove si incontrano e sfiorano tempi paralleli, proiezioni. E in questo tempo misto che crea Anna Bertini, forse il più reale, i suoi protagonisti osservano se stessi ora, il ricordo di sé di allora e in qualche modo rinascono, o almeno si offrono l’occasione di consolarsi. L’incontro tanto atteso finalmente avviene. Eppure non accade niente di speciale, non ci sono grandi rivelazioni, perché tutto in realtà è già accaduto prima. È solo il momento di un abbraccio, di una tregua, e poi separarsi per sempre o per ritrovarsi ancora. Perché per ognuno di loro il percorso che li ha portati a capire e a riunirsi è iniziato molto prima, covando lentamente, sottotraccia, proprio quando in quella lontana estate, voltavano le spalle a se stessi. Un nubifragio completa quello che il tempo e la lenta erosione avevano già cominciato segretamente, mangiando la costa e sommergendo i posti dove prima si accendevano i falò. Come inghiottito dalla memoria perché ha già svolto la sua funzione catartica, il lido dell’Aldebaran, ora è davvero, finalmente, dentro ognuno di loro.
Silvia Acierno
Il link alla recensione su Exlibris 20: https://bit.ly/3n5vBiZ