“Il principe delle Arene Candide” su I libri di Mompracem
ANNAROSA FRANCESCUT: ASCOLTARE GLI ADOLESCENTI CON I BUONI LIBRI
Avvicinare gli adolescenti al magico mondo della lettura: nulla di più difficile in tempi di social. Eppure la soluzione esiste: un buon libro, ma quello giusto. Non che sia facile: bisogna trovarlo, il “libro giusto”, e non è detto che quelli piaciuti ad un gruppo di adolescenti – anzi, ad una classe, perché di scuola si parla – vadano bene per un’altra classe l’anno successivo. Bisogna procedere per tentativi ed errori e accettare quella che è una sfida vera e propria: trovare lo spiraglio per entrare nel mondo dell’adolescenza che, mettiamocelo bene in testa, è la fase della vita più buia e difficile. È l’età in cui tutto può avere valore assoluto come nessun valore; niente certezze, niente punti di riferimento credibili: si è naufraghi, dispersi in mare senza coordinate e poca terra in vista. Poi, in un modo o nell’altro, a riva ci si arriva, ma stanchi e spesso molto delusi. In breve: crescere è una gran fatica, ma può essere anche un viaggio che poi, trovata la propria “casa”, si ricorda con nostalgia o con la tranquillità di chi ha scampato un pericolo e magari si ritrova più forte, pronto per partire alla scoperta di altro. E chi meglio di loro, gli adolescenti, può raccontarci le vicissitudini, le peripezie di questo avventuroso viaggio disorganizzato? Loro non vedono l’ora di farlo, non chiedono che una cosa: essere ascoltati. Ma sappiamo anche che far parlare un adolescente, nella maggior parte dei casi, è come scassinare una cassaforte. Spesso, però, il codice giusto ce lo può fornire, per l’appunto, un buon libro. Un libro che parli semplice, che parli di loro e soprattutto delle loro emozioni: una su tutte il dolore, magistralmente raccontato da Andrea Bajani in Un bene al mondo (Einaudi). Perché spesso l’errore degli adulti è pensare che gli adolescenti vadano protetti da fatica, tristezza, lutto, ma ci sbagliamo di grosso perché se c’è una cosa di cui loro non hanno paura è proprio il dolore, morte compresa. Il giovane Holden (Einaudi, meglio se nella recente nuova traduzione), per fare un secondo esempio, è un altro libro che quando lo si legge in classe (e bisogna leggerlo in classe, parola per parola, al diavolo il “programma”) si è spacciati: loro, sempre gli adolescenti, se ne impossessano, ci entrano dentro e vi trascinano, sempre loro, a fondo. Così si capisce una volta per tutte perché dicano una cosa e poi ne facciano un’altra e viceversa. E perché degli adulti non accettino la costante, quotidiana, immancabile ipocrisia, ecco: l’ipocrisia, è quella la cosa alla quale non sapevano dare un nome, ma dopo che hanno letto Salinger, non li si frega più: infatti poi pretendono, la coerenza, eccome se la pretendono. Con Io e te di Niccolò Ammaniti (Einaudi) entrano in gioco altri elementi a loro ben noti e congeniali: il sentirsi “diverso”, “fuori posto” di Lorenzo, che si richiude in cantina tra mille rocambolesche bugie pur di non andare in gita con i compagni, il dramma della droga, la disgregazione della famiglia (non importa se fai parte di “quella prima” o “quella dopo”), ma anche l’incontro improvviso con una sorella tossicodipendente che ha la forza di salvarti la vita per poi perdere la sua: tutto è adolescenza, tutto è viaggio verso l’ignoto (anche stando chiuso in cantina), tutto è una questione di vita o di morte, tua o di chi ti sta accanto. Il bello è che gli adolescenti, quando incappano nel libro giusto, scrivono pure: ad ogni capitolo, ad ogni passaggio oscuro, ad ogni comportamento anomalo dei personaggi, chiedono, criticano, vogliono sapere, vogliono discutere… e poi scrivono… accidenti se scrivono. E così va a finire che vogliono leggere ancora e allora il gioco è fatto, fosse vero anche per uno solo su venticinque di loro. Anche Il principe della arene candide di Massimo Granchi (Arkadia) possiede tutti gli ingredienti giusti per essere letto (sempre parola per parola) in classe: una storia avvincente, per quanto straziante, un giovanissimo protagonista, Edo, che dall’infanzia all’adolescenza attraversa una tempesta di emozioni fortissime e intense… e a non volerne sapere di “cose tristi” è la madre, non certo lui. Il suo è un viaggio doloroso che lo porterà a diventare un uomo, forse troppo presto. Il principe delle arene candide è anche un libro scritto molto bene perché, non dimentichiamolo, si impara a scrivere (e questo è un altro “effetto collaterale” da non perdere di vista) leggendo chi sa scrivere. Come se ciò non bastasse è pure un libro con il quale si può iniziare a “fare poesia”, anche solo riflettendo sull’importanza dei colori, spesso associati, nelle loro diverse, accurate sfumature, ad una molteplicità di emozioni (e in questo libro sono davvero tante le emozioni chiamate in gioco, dall’amore alla morte, dalla paura al coraggio, dal fuggire al ritrovarsi). Infine, al centro di tutto, la figura dell’“onnipresente grande assente”: il padre, quella specie di sole che sta al centro del mondo di Edo e attorno a cui tutto ruota; sicuramente loro, gli adolescenti, capiranno prima di noi perché in questo libro la parola “sole” è sempre scritta con la “S” maiuscola… perché nessuno, meglio di loro, sa che per capire la luce bisogna prima attraversare il buio.
Annarosa Francescut
Il link alla recensione su I libri di Mompracem: https://bit.ly/2HVj6r2